L’inchiesta su Storari passa a Brescia

Caso verbali: a Roma resta il filone sull’impiegata del Csm sospettata di aver girato il dossier ai giornali

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Verrà trasferito alla Procura di Brescia il fascicolo che vede attualmente indagato a Roma il pm milanese Paolo Storari per rivelazione di segreto d’ufficio per aver consegnato, nell’aprile del 2020 a Milano, all’allora consigliere del Csm, Pier Camillo Davigo, verbali secretati dell’avvocato Piero Amara.

È quanto emerso ieri pomeriggio al termine di una riunione di coordinamento svolta a piazzale Clodio tra i procuratori di Roma e Brescia Michele Prestipino e Francesco Prete. Resta invece a Roma il filone che vede indagata per calunnia l’impiegata del Csm (ora sospesa) Marcella Contrafatto, sospettata di aver inviato ad alcune redazioni di giornali i verbali. Nel corso dell’incontro, i due procuratori hanno fatto il punto sull’attività istruttoria svolta fino a ieri e stabilito le iniziative da adottare e il percorso da seguire nel quadro di un coordinamento investigativo condiviso.

Del resto, interrogato sabato dai suoi colleghi di Roma che hanno aperto il fascicolo per rivelazione di segreto d’ufficio, il pm Storari aveva spiegato di aver consegnato a Davigo non nella capitale ma a Milano gli ormai famosi verbali dell’avvocato ex Eni, Piero Amara, sulla fantomatica loggia massonica Ungheria. Dunque il reato (se c’è) si sarebbe consumato nel capoluogo lombardo, e l’indagine spetta in base al codice alla Procura bresciana, competente quando in ballo ci siano magistrati di Milano. Lo stesso pm Storari è anche al centro della relazione molto critica che il suo capo Francesco Greco, numero uno della Procura milanese, ha depositato due giorni fa al procuratore generale di Milano Francesca Nanni e al pg di Cassazione Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare nei confronti delle toghe.

Questa storia davvero complicata parte dall’indagine sul cosiddetto ’falso complotto Eni’, nella quale si ipotizzava un tentativo di depistare l’inchiesta sulla presunta maxi tangente pagata in Nigeria dal colosso energetico, ritenuta però inesistente dai giudici al termine del processo di primo grado nei confronti dei vertici Eni, tutti assolti. Il fascicolo sul ’falso complotto’ venne aperto 4 anni fa, affidato al pm Storari e al procuratore aggiunto Laura Pedio, e non è ancora chiuso. I verbali sulla loggia Ungheria narrata dall’avvocato Amara (sorta di ’pentito’ divenuto teste d’accusa contro l’Eni per l’affare nigeriano) vennero raccolti a dicembre 2019 proprio nell’ambito di quell’indagine. E consegnati ad aprile al consigliere Csm Davigo dal pm Storari "per autotutelarsi", vista l’inerzia (dice lui) dei vertici della Procura di Milano. Per il procuratore Greco, invece, gli accertamenti vennero fatti ma con prudenza e cautela. I primi tre nomi, tra cui lo stesso Amara, vennero iscritti per associazione segreta nel maggio 2020. Secondo la ricostruzione di Greco, fu piuttosto Storari a danneggiare le indagini, facendo uscire quelle carte segretate all’insaputa dei vertici dell’ufficio. Poi, in una riunione a settembre, venne deciso di trasmettere gli atti alla Procura di Perugia perché l’ex legale esterno dell’Eni tirava in ballo diversi magistrati romani.