Sul muro lettera al quartiere: "Io, usato per spacciare. Ragazzi, non fate come me"

Alla Comasina il grido di dolore anonimo di un giovane. "In casa ho imparato l’odio"

Nel mercato della droga molti ragazzi

Nel mercato della droga molti ragazzi

Milano, 6 agosto 2020 - Un muro immacolato lo ha ispirato. Lo immaginiamo mentre solo con i suoi pensieri, i suoi anni (16? 18?) e un pennarello indelebile stretto in mano, scrive la "lettera di un figlio a genitori assenti per...". Puntini di sospensione. Forse non lo sa nemmeno lui, il perché. Ma è uscito allo scoperto in questo modo: facendo scorrere l’inchiostro su una parete gigante e non affidandosi allo schermo di un pc o di uno smartphone. 

Così questo ragazzo, ignoto, racconta la sua storia tormentata: cresciuto con un padre in carcere e una madre che sente distante, dice di sentirsi "un escluso, un parassita" che si è "buttato tra le braccia di persone che mi hanno fatto sentire accolto e importante. Ma ora mi sono reso conto che mi usano per i loro scopi. Mi fanno vendere droghe fregandosene della vita di tutti". Spera compiendo questo gesto "di far riflettere ragazzi e ragazze come me". Come se, scrivendo su quel muro, su una pagina bianca davanti alla vita di tutti, potesse aiutare qualcuno a cambiare strada, perché "ho un rimpianto per tutte le volte che ho rifiutato una alternativa di vita da un maestro, da un allenatore o da un rappresentante delle forze dell’ordine". Nelle sue parole ordinate, frutto di una riflessione sicuramente veemente, ma lungamente meditata e maturata, un atto di ribellione al destino di un ragazzo “difficile“ in una famiglia complicata e in un quartiere - come banalmente si dice - di frontiera.

Tra le righe, che cominciano fitte e precise e si allargano verso la fine, con una fretta crescente, si legge però anche una richiesta di aiuto per sé. La lettera è comparsa domenica in via Litta Modignani, nel quartiere milanese della Comasina, più volte al centro di operazioni anti spaccio e teatro di faide tra gruppi criminali, sulla parete esterna del Santuario del Sacro cuore di Gesù, che era stata ripulita durante un cleaning day di cittadini lo scorso settembre. "Muri riservati alle scuole del quartiere", è l’unica scritta autorizzata. Ma con rapidità non inattesa sono tornati scarabocchi e frasi di vandali. Fra tag e anonimi ghirigori, poi, spunta inaspettato questo testo struggente. Le prime righe sono per il papà e la mamma. E sono parole misurate, ma amarissime: "Mi rendo conto che un padre non l’ho mai avuto e quella che chiamo mamma mi ha insegnato a odiare le persone giuste e civili e a rispettare i falsi amici". Dice di provare "rabbia e disagio", dando la colpa " alla società e alle figure che la rappresentano; maestri, allenatori e poliziotti". Ma nella seconda parte spiega di aver aperto gli occhi, dice di sentirsi sfruttato: "Mi usano per i loro scopi, per accumulare soldi e sfruttare quelli fragili come me". Ai genitori riserva poi parole forti, taglienti: "Vi considero ma non posso amarvi". Una lettera che non è passata inosservata.

"Chissà quanto tempo ha impiegato a prendere questa decisione e poi a scrivere sul muro – riflette don Aurelio Frigerio, parroco di San Bernardo –. A questo ragazzo dico che ci sono tante persone disposte ad ascoltarlo e ad accompagnarlo, nei tempi che stabilirà lui. Non so se sia del quartiere o se provenga da un’altra parte. Penso sia stato coraggioso a scrivere questa lettera ma anche che sia solo. Magari ha soltanto bisogno di parlare, di sfogarsi, senza essere trattato male o deriso". Quanto allo spaccio di droga, "alcuni ragazzi cadono nella trappola per le loro fragilità ma anche perché offre un guadagno facile. A loro dico che le istituzioni ci sono: non abbiate paura, c’è qualcuno sempre pronto ad ascoltarvi". Per ora ad raccogliere questo messaggio in bottiglia, senza giudicare e senza chiedere nulla in cambio, è stata la vernice bianca del muro.  

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