Lea Garofalo, il film sulla sua vita ai giardini di viale Montello

La proiezione della pellicola sulla ribellione ai clan

Lea Garofalo pagò con la vita la ribellione ai clan

Lea Garofalo pagò con la vita la ribellione ai clan

Milano, 11 giugno 2016 - Le immagini di Lea che cammina in corso Sempione e poi sparisce dalle inquadrature delle telecamere di sicurezza sono l’ultimo fotogramma che ricorda la vita di questa giovane donna ammazzata e carbonizzata per avere violato le regole del silenzio imposte dalla’ndrangheta. Quando il 24 novembre del 2009 Lea Garofalo scompare, la figlia Denise non ha dubbi: è stata ammazzata e l’assassino è suo padre. Sarà proprio la giovane Denise a portare avanti il ricordo di Lea, sua mamma, uccisa a colpi di spranga e poi bruciata per essersi ribellata alle regole dei clan. Lea, nella sua breve vita, ha combattuto per lei, per la figlia Denise, perché potesse vivere una vita diversa dalla sua. Lontana da quelle regole tribali di una criminalità spietata. Per questo è morta, per aver cercato di essere libera. Ora la sua storia è diventata un film. Il regista de «I Cento Passi», Marco Tullio Giordana, a più di 15 anni di distanza dal film con cui raccontò la storia di Peppino Impastato, ha lavorato per realizzare la pellicola ispirata alla drammatica storia della donna uccisa e bruciata nel 2009. Ieri, in viale Montello 6, a due passi dalla casa che fu di Lea, è stato proiettato il film. «Ci piace pensare che se Lea si affacciasse alla finestra ora – hanno detto ieri sera i ragazzi di Libera che hanno organizzato l’evento – potrebbe vedere la potenza e la bellezza del suo messaggio. Lea non sarà mai dimenticata. Denise sta cercando di cambiare vita e di cambiare nome, anche se cambiare la propria vita non è facile». E quel giardino della memoria resterà, assicura l’associazione antimafia.

Lea fu assassinata in un agguato organizzato dal suo ex compagno, il boss Carlo Cosco, l’uomo del quale si era innamorata appena 13enne. Dopo 4 anni avrà la figlia Denise. Anche Cosco è un criminale, ma la Garofalo sente il bisogno di avere una vita diversa, senza paura né violenza. Nel 2002 inizia a collaborare con la giustizia e viene inserita nel programma di protezione insieme alla figlia. Un percorso durato dieci anni, nel quale più volte si è sentita abbandonata dallo Stato. Il corpo della donna sarà ritrovato carbonizzato nel 2012, uccisa dal marito per avere cercato di opporsi a un sistema che non ammette pentimenti. O dentro o fuori, e chi è fuori paga. Due anni fa la Cassazione si è pronunciata con la condanna definitiva dei cinque imputati, marito e complici, tra cui il fidanzato della figlia: rispettivamente, quattro ergastoli e 25 anni di reclusione. Tutto questo è raccontato nel film che verrà trasmesso in tv e che è stato proiettato ieri sera nei giardini di viale Montello, perché resti a memoria la storia di questa donna straordinaria. La serata è stata realizzata dall’associazione Giardini in Transito (che si occupa dal 2013 della gestione del giardino) in collaborazione con Libera.

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