Le tecnologie fanno crescere le professioni

Ruben

Razzante*

La pandemia ha messo in ginocchio molte categorie di professionisti. I fallimenti di attività durante i lockdown sono stati moltissimi, ma anche chi ha resistito rimanendo sul mercato si è dovuto sottoporre a una vera e propria cura dimagrante in termini di ricavi. Sono aumentati gli usi delle tecnologie per facilitare lo svolgimento delle attività anche da remoto e gli investimenti in digitale si sono rivelati strategici per rilanciare il business.

Nel 2021 avvocati e consulenti del lavoro hanno speso in nuove tecnologie rispettivamente il 2,9 e il 2,5% in più dell’anno precedente.

Gli studi multidisciplinari, le cosiddette boutique di servizi, si sono mantenuti stabili, mentre i commercialisti hanno destinato al digitale il 5,4% in meno del 2020. È quanto emerge da una recente ricerca dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

Nel complesso, avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro l’anno scorso hanno investito 1,76 miliardi di euro in tecnologie digitali, con un aumento del 3,8% rispetto al 2020. Tuttavia, occorre differenziare le valutazioni in base alla dimensione degli studi professionali. Quelli grandi innovano di più, mentre quelli più piccoli si fermano allo smart working, ma senza far evolvere più di tanto il rapporto tra tecnologie e attività professionali.

Infatti, oltre l’11% delle micro realtà non ha investito nulla in Ict. Le professioni hanno destinato gli investimenti in Ict soprattutto all’implementazione della fattura elettronica (86%), ai sistemi per la gestione di videochiamate (75%), alle piattaforme di eLearning (48%), alla conservazione digitale a norma (42%) e alle reti Vpn (36%). In merito, invece, alle intenzioni di investimento entro il 2023, spiccano il sito web, le pagina social degli studi, la conservazione digitale a norma, i software per il controllo di gestione.

* Docente di Diritto dell’informazione

all’Università Cattolica

di Milano

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