Le esclusioni di genere nei club milanesi

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Daniela

Mainini*

Sembra strano pensare che nella civilissima Milano esistano nel 2022 dei club (privati) per soli uomini, rectius gentiluomini più che facoltosi, nei quali lo status di socio sia dichiaratamente e per statuto, precluso alle donne.

Ho appreso la circostanza in tutta la sua evidenza recentemente, in qualità di invitata di un caro amico premuroso e gentile il quale, alla mia domanda, rispondeva con la consueta eleganza, rivendicando con assoluta naturalezza il divieto, "come succede nei club più esclusivi londinesi".

A Milano se ne annoverano almeno tre: Il Clubino, La Società del Giardino e il Circolo dell’Unione nei quali, per carità, la donna, soprattutto se moglie, può essere invitata ma in cui la stessa non può ambire allo status di socio, ossia lo status più elevato dell’associazionismo.

Nessuno dice nulla, ci si maschera dietro riti e inviti garbati , si incravattano i malcapitati giunti senza, si vieta l’uso del cellulare soprattutto al tavolo (evviva), ma la questione di genere dei soci pare non sfiorare nessuno.

Ora è vero che, nel privato, vada difesa la libertà di riunirsi come meglio si crede e il mantenimento delle tradizioni sia a parere di chi scrive sacrosanto, ma pensare che in una società nella quale si fa tanto parlare di parità di genere, e tetti di cristallo, possano ancora sopravvivere retaggi di un passato remoto, o meglio di secoli scorsi, mi pare francamente insopportabile.

Quindi, oltre a rifiutare con garbo i futuri inviti fatti dai premurosi gentleman in uno dei tre club e aver compreso ciò che manca alla facoltosa Milano, ovvero un club di sole donne che vieti lo status di socio agli uomini , ho chiaro il perché le uniche donne che potrebbero ambire oggi allo status di socio per diritto ereditario negli esclusivi club milanesi , ovvero le vedove dei soci, non lo abbiano mai esercitato : la vera libertà è quella di avere il marito al club e non quella di potersi presentare post mortem dello stesso là dove non sono gradite.

Milano dia un segnale prima di Londra, suvvia.

* Presidente del Centro

Studi Grande Milano

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