Disabili e lavoro, è allarme: meno di uno su tre ha un'occupazione

Le aziende preferiscono pagare sanzioni piuttosto che assumerli

I disabili sono impiegati soprattutto negli uffici pubblici

I disabili sono impiegati soprattutto negli uffici pubblici

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Le barriere, per un disabile, non sono solo architettoniche. Trovare un lavoro come categoria protetta è un’impresa e, con il progressivo sblocco dei licenziamenti, le persone svantaggiate potrebbero trovarsi in una posizione ancora più fragile e finire espulse dal ciclo produttivo. Nella Lombardia, motore economico d’Italia, secondo i dati della Cgil di Milano "il tasso di occupazione dei disabili non supera il 30%". Meno di uno su tre ha un lavoro stabile, principalmente nel pubblico impiego. Le aziende private preferiscono pagare le sanzioni amministrative (160 euro per ogni giorno di non ottemperanza), stabilite per chi non rispetta le quote previste dalla legge, piuttosto che assumerli. "Il fondo regionale per l’occupazione dei disabili, finanziato dalle sanzioni, supera i 40 milioni di euro, una cifra enorme", spiega Ivan Lembo, responsabile Politiche sociali della Cgil di Milano. "Moltissime sono le scoperture – prosegue – ossia i posti di lavoro che dovrebbero essere occupati da lavoratori disabili e non lo sono, e il tasso di inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica è assolutamente insignificante da un punto di vista statistico".

Scorrendo le offerte di lavoro pubblicate su internet, quelle rivolte alle categorie protette si contano sulle dita di due mani. Ikea mette in palio un posto nell’amministrazione del personale nello store di Carugate, rivolto a laureati preferibilmente "in ambito risorse umane o affini". Una ditta di Inverigo, nel Comasco, cerca un magazziniere per "carico/scarico, imballaggio e sistemazione merce". Altre società cercano "consulenti telefonici" o segretarie. Unipol offre un posto da "liquidatore di polizze" a Milano. Lo smart working e il processo di remotizzazione delle attività obbligato dalla pandemia potrebbe aprire nuove opportunità, consentendo di lavorare da casa a chi ha problemi di deambulazione, eliminando quindi la barriera dello spazio. Possibilità che compare già in alcuni annunci online.

Sul futuro, però, incombe la nube dello sblocco dei licenziamenti. "Le persone disabili non hanno una normativa di riferimento in merito al licenziamento differente dagli altri lavoratori – prosegue Lembo – possono essere licenziate per giustificato motivo oggettivo e il licenziamento è da legittimo laddove ne esistono le condizioni previste dalla norma. Tuttavia il licenziamento è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto di lavoro, il numero dei lavoratori disabili occupati sia inferiore alla quota di riserva. È quindi importante, oltre a verificare nel dettaglio che non vi siano elementi discriminatori nel licenziamento, avere una visione globale della situazione aziendale. Il secondo aspetto, fondamentale è il tema dell’idoneità alla mansione. Molti disabili, quelli con disabilità psichica ma non solo – sottolinea – hanno visto peggiorare fortemente la propria condizione di salute nel corso della pandemia. Inoltre molte aziende si apprestano a intervenire pesantemente sull’organizzazione del lavoro e questo può produrre ulteriore criticità per i soggetti più fragili".

Secondo la legge 68/99, pensata per favorire la vita autonoma, che passa anche attraverso un lavoro stabile e in linea con le proprie competenze, le aziende tra 15 e 35 dipendenti devono impiegare almeno un lavoratore disabile. Numero che sale a due per le imprese fra 36 e 50 dipendenti. Sopra i 50, il numero dei lavoratori disabili deve rappresentare almeno il 7% del totale degli assunti. Ma l’ammontare del fondo regionale per l’occupazione dei disabili finanziato con le sanzioni dimostra che pochissime imprese rispettano le quote. Nelle casse una somma enorme, 40 milioni di euro, che dovrebbe essere usata per finanziare progetti per l’inclusione. "Sono talmente tanti soldi che diventa difficile spenderli in maniera utile e intelligente", spiega Antonio Verona, responsabile del Dipartimento mercato del lavoro della Cgil di Milano che ha dedicato al tema una sezione del suo bollettino periodico. "E in questa fase – conclude – i problemi che si trascinano da anni possono solo aumentare".  

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