Operai morti alla Lamina, la perizia: misteri e falle fatali

L’allarme staccato, la valvola del gas aperta con cinque giri e non con uno: "Errata la gestione dell’emergenza"

Carabinieri davanti alla Lamina Spa

Carabinieri davanti alla Lamina Spa

Milano, 23 maggio 2018 - Due misteri irrisolti e un duro atto d’accusa nei confronti dell’azienda per le gravi lacune nei sistemi di sicurezza sul lavoro. Alla fabbrica Lamina, dove il 16 gennaio morirono quattro operai per una fuoriuscita di gas nella vasca di un forno per la lavorazione dei metalli, la centralina che gestiva il sistema d’allarme funzionava ma al momento della tragedia era disabilitata. Chi e quando l’aveva fatto? E soprattutto: perché? Secondo mistero. La valvola manuale del rubinetto del gas argon a servizio del forno dove persero la vita i quattro operai, è risultata con apertura non di un solo giro, come previsto dai normali trattamenti, ma addirittura di cinque. Perché?

Difficile da scoprire. Tanto da non poter escludere neppure sospetti inquietanti. «E non si hanno elementi per decidere se l’uno o l’altro degli eventi sia stato il risultato di un’azione del Santamaria, del Barbieri (i due operai morti per primi, ndr) o di un terzo ignoto». Quel che è certo però - stando alla consulenza tecnica affidata dalla Procura all’ingegner Muzio Gola e depositata ieri - è che alla Lamina mancavano le «procedure di sicurezza per i rischi connessi all’uso di gas argon per l’ingresso nell’ambiente confinato della fossa e durante il lavoro al suo interno». E non c’erano nemmeno «procedure di sicurezza sulla utilizzazione della centralina di allarme del livello di ossigeno, in particolare sulla gestione della funzione di tacitazione» dell’allarme stesso. Gravi carenze del resto già rilevate insieme ad altre e contestate dall’Ats, Agenzia tutela della salute, al titolare della Lamina spa Roberto Sanmarchi, difeso dall’avvocato Roberto Nicolosi Petringa, indagato nell’inchiesta per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose (altri due operai rimasero intossicati, ma si salvarono).

Cosa accade esattamente quel maledetto martedì pomeriggio, dunque, si può solo ipotizzare. Si sa che «tra le 15.30 e le 15.40 l’elettricista esterno Marco Santamaria, accompagnato dal dipendente Arrigo Barbieri si è diretto verso la zona del capannnone in cui è sita la fossa del forno Ebner». Ma per quale guasto era stato chiamato se lì dentro - dopo la tragedia - tutto è risultato funzionante? È emerso che l’allarme, che doveva segnalare la presenza dell’argon nella vasca del forno per la lavorazione dei metalli, suonò la mattina verso le 9.15 e venne poi spento, probabilmente da Barbieri, responsabile della produzione. Rimase disattivato da allora?

Quanto alla valvola del gas trovata aperta a cinque giri, «se fosse stata aperta dal mattino la fossa sarebbe stata completamente piena e quindi il Santamaria avrebbe avuto difficoltà già appena scesa la scala, come la ebbe Arrigo Barbieri. Si deve piuttosto ammettere che la valvola fosse stata aperta da poco e che la fossa fosse solo parzialmente riempita di gas», conclude la consulenza disposta dai pm Gaetano Ruta e Maria Letizia Mocciaro. Ma perché aprire la valvola in quel modo proprio poco prima che intervenisse l’elettricista? Certo è solo, secondo il consulente Gola, che la causa della morte delle altre due vittime, Giancarlo Barbieri e Giuseppe Setzu, intevenuti in soccorso dei compagni, «è stata una gestione dell’emergenza tecnicamente errata, condotta generosamente e con loro personale sacrificio ma in assenza di un piano, di direttive, di conoscenza del pericolo e della sua natura, di un addestramento, di adeguati dispositivi di protezione personale».  

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro