L’aggressività non è inevitabile Basta lamentarsi

Agostino

Picicco

In questo periodo successivo alle elezioni politiche due sentimenti, tra loro antitetici, albergano nei cuori dei cittadini milanesi (e non solo): l’indifferenza e l’animosità. L’indifferenza di chi non spera più e non è andato a votare, e l’animosità di chi ha visto nella campagna elettorale l’occasione per mostrare il proprio lato peggiore. In una grande città come Milano gli indifferenti risultano invisibili mentre i livorosi hanno grande visibilità. Ed ecco la “resa dei conti”: chi ha perso, chi ha vinto, chi ha “portato a casa”, chi ha portato e basta, chi si è sentito defraudato, chi ha approfittato di eventi casuali o episodi minimi per dichiarare guerra al mondo. Emerge l’ignoranza e l’ignavia di chi sta tutto il giorno alla finestra (anche social) e colpisce tutti perché ne sa più degli altri. Importante è riversare invidie e malumori. O fare sapere che si è impegnati a salvare il mondo, attaccando a sfinimento la gente. Tutti contro tutti, con accuse e recriminazioni. Le animosità e le pretestuosità albergano nel cuore delle persone negative che si palesano sempre più (e non si può dare neppure colpa alla pandemia, perché già prima i segnali… c’erano tutti). Costoro sono i mediocri, divisivi per la comunità: vedono il male dappertutto e così sfogano le proprie frustrazioni e invidie. L’arcivescovo Mario Delpini di recente ha rilevato che nella nostra città prevale il linguaggio della lamentazione, un linguaggio depresso. Sempre l’arcivescovo ha invitato alla gentilezza e ha affermato che l’aggressività non è inevitabile. È ciò che dobbiamo fare nostro. Questo è il tempo della ricostruzione. Le energie di tutti, in ogni contesto e ambiente, devono essere impiegate per superare beghe e meschinità, e devono essere finalizzate a cose utili, a fare del bene, ad essere rispettosi delle regole e delle persone, ad aiutare e comprendere gli altri. Sembra catechismo, ma è il solo modo per rinascere.

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