L’addio al prete che in Brianza sfidò la diossina

Piero

Lotito

Da Milano lo mandarono in esilio in Brianza, perché anche con i preti si fa così. E lui, capitato a Cesano Maderno nel 1976, poco prima che nella vicina Seveso, a un paio di chilometri, si sprigionasse dall’Icmesa la nube tossica della diossina, si ritrovò a fare il parroco al quartiere Mulinello, una comunità spaventata e anche afflitta da non pochi problemi sociali. Un parroco nella bufera. Questo fu in quel tempo don Luciano Ruggeri, morto il 14 scorso all’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone a 91 anni e l’altro ieri sepolto appunto a Cesano, la terra d’accoglienza che egli stesso aveva contribuito a far rinascere in oltre trent’annni di guida spirituale alla parrocchia di San Pio X, cominciando da quei giorni del veleno, quando la paura sparigliava ogni carta: non si poteva consumare la verdura dei campi, si temeva per la sorte dei nascituri (sani o deformi?), si invocava l’aborto, la gente non usciva, l’idea stessa di comunità sembrava compromessa. Il giovane prete in "esilio", che a Milano, alla parrocchia Santa Maria Rossa di Crescenzago, faceva giocare, viaggiare e discutere insieme maschi e femmine, e per questo era amato dai giovani e non ben visto dalle gerarchie, si rimboccò le maniche dando coraggio alle famiglie, completando l’istituzione della nuova parrocchia, formando l’oratorio e chiamandovi centinaia di ragazzi, costruendo un’abitazione per i sacerdoti, fondando una cooperativa per la disabilità, fondando un teatro, una scuola materna. Niente male per un esiliato, un prete di quelli una volta definiti "scomodi" e invece operanti nel pieno solco del Vangelo. Fra tante notizie luttuose e addii eccellenti, ci è parso necessario parlare qui anche d’un semplice sacerdote, la cui vicenda di esule dell’obbedienza è stata così ben rievocata nell’assolato pomeriggio di lunedì sull’erba dell’oratorio che tante volte lo aveva visto giocare con i suoi ragazzi. Un vescovo, due monsignori, una dozzina di presbiteri e un migliaio di persone là nel prato a seguire anche la commossa orazione funebre del sindaco. Un grande addio per il migrante dalla tonaca nera che un giorno lasciò Milano per la Brianza.

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