La settimana corta spacca già in due le scuole: bocciata al Volta e Beccaria, sfida vinta al Brera

C’è chi chiede un intervento dall’alto per mettere fine alle polemiche e chi invoca l’autonomia. Dopo il lockdown una scuola su due aperta al sabato

Migration

di Simona Ballatore

"La settimana breve è uno degli argomenti capace di spaccare in due la scuola". Lo sanno bene al liceo scientifico Volta, dove l’anno si è chiuso a giugno con l’ennesima discussione - è la quarta volta in dieci anni che spunta all’ordine del giorno - e a vincere è stato il fronte del "no". Stesso esito del classico Beccaria, dove la partita si è chiusa invece l’anno prima, con la difesa del sabato sui banchi. L’artistico Brera aveva virato invece per la settimana su cinque giorni già nel 2017, ma non prima di una lunga battaglia a colpi di sondaggi. E non c’era ancora l’emergenza energetica alle porte, che ha riportato ora tra le ipotesi percorribili il "caldo invito" a stringere la settimana per ridurre i consumi, che a Milano era stato diramato per la prima volta nel 2013. Alla ripartenza, dopo il primo lockdown, un monitoraggio sui flussi degli studenti sui mezzi di trasporto calcolava 21 scuole su 46 aperte anche il sabato in città per un totale di circa 18.928 studenti delle superiori; la restante parte concentrava le lezioni dal lunedì al venerdì.

"Io sono favorevolissimo alla settima corta - commenta il preside del liceo Volta Domenico Squillace –. A maggior ragione di fronte a questa crisi del gas, non mi spiacerebbe un atto di coraggio dalla Città Metropolitana e, anzi, dal Ministero stesso".

Nello scientifico di via Benedetto Marcello l’altra metà della scuola non la pensa così: "L’ultima volta su questo tema si erano divisi docenti e consiglio d’istituto – continua –, abbiamo affrontato più e più volte questa questione. I contrari sollevano due motivazioni: una nobile, per carità, l’altra un po’ meno. I primi ricordano il modello liceo, che prevede studio a scuola ma altrettanto a casa, che se li facciamo uscire più tardi si riduce. L’altro motivo lo definirei ’conservatorismo puro’. Perché si è sempre fatto così, perché mai dovremmo cambiare? Nostalgia di un tempo che non c’è più, salvo poi chiedere il riposo il sabato". Tra le ragioni del sì, oltre all’ottimizzazione di costi, "l’allineamento del tempo con il resto della società, della città delle famiglie. Anche perché non solo la maggior parte delle scuole dell’obbligo il sabato non lo prevede più, ma anche l’università", ricorda Squillace.

Discussione all’ultimo voto, proposta bocciata. "Un piano di razionamento avrebbe più senso prima di altre misure estreme": dice ancora il preside. Perché il fantasma della Dad anche per caldaie in tilt si era già palesato lo scorso anno nel polo scolastico di via Ulisse Dini. "Da noi la settimana corta è già realtà – conferma Emilia Ametrano, al timone del Brera –. La prima volta era passato al collegio docenti al 90% ma era stato rigettato dal Consiglio d’istituto. Abbiamo fatto votare anche i genitori delle prime e l’80% era d’accordo anche perché più abituato alle medie, e proposto di sperimentarlo e di far votare i ragazzi a maggio: il 90% apprezzava e non voleva tornare indietro". A spingere il fronte del sì a non arrendersi, prima di tutto "scelte didattiche, che concentrando le ore su 5 giorni davano più tempo ai ragazzi per i laboratori, e permettevano loro di tirare il fiato il sabato, soprattutto chi aveva più difficoltà". Tanti poi vengono da fuori città e il sabato ci sono meno corse dei trasporti. E si era calcolato che era il giorno della settimana dove si accumulavano le assenze.

Al classico Manzoni solo le prime classi possono scegliere la settimana corta. "Mia figlia la aveva scelta. Ma col problema dei trasporti e la concentrazione di scuole nella zona, per evitare assembramenti oltre a cambiare gli orari hanno introdotto il sabato – racconta Chiara Ponzini, di Priorità alla Scuola –. Sappiamo che è un argomento divisivo ma dopo due anni in cui agli studenti sono stati chiesti sforzi enormi, è stato limitato lo sport, abbiamo tolto i laboratori per fare spazio alle aule e tanto altro. Chiediamo che non siano loro a pagare le conseguenze di questa crisi energetica. E chiediamo poi regole chiare, univoche e nazionali, per evitare interventi a mosaico che ostacolano strategie a lungo corso e creano disuguaglianze".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro