La scuola non è un seggio: famiglie ignorate

WeWorld e Mammadimerda in campo: "Pigrizia mentale, le alternative ci sono. Il nostro settembre infernale dopo tre mesi di acrobazie"

Migration

di Simona Ballatore

Tre mesi di vacanza (da scuola) e acrobazie per le famiglie. Suona la campanella, con orario spesso ridotto perché manca il personale, ed ecco in molte scuole un nuovo stop, causa elezioni. Si vota un giorno, se ne saltano due. ScuolaNOseggio è l’hashtag che si rincorre sui social: mamme, papà, doule, vip, armati di cartelli bianchi per ricordare a una manciata di giorni che no, "la scuola non è solo un seggio". E che proprio "la scuola, che ospiterà i seggi elettorali, è la grande assente dalla campagna elettorale". A lanciare l’iniziativa l’associazione WeWorld e le blogger di “Mammadimerda“. "Le scuole trasformate ancora in seggi sono solo la punta dell’iceberg ma è un sintomo importante di come la politica sia continuamente disinteressata alle esigenze delle famiglie", sottolinea Francesca Fiore, due figli di 9 e 7 anni al seguito, che insieme a Sarah Malnerich (in foto) ha aperto nel 2016 il blog per ribaltare gli stereotipi sulla maternità. "Non diteci che non si possono trovare altri posti per votare – continua – i comuni virtuosi ci sono, ma sono pochi. Si potrebbe pensare agli hub vaccinali, in Gran Bretagna si vota pure nei negozi e nei pub. È solo pigrizia mentale".

Il tema aveva tenuto banco anche in piena pandemia per le elezioni del 2021: a "Stop seggi nelle scuole" aderirono circa 117 Comuni, pochi visto che i seggi nelle scuole lo scorso anno rappresentavano comunque l’87% del totale, solo l’1% in meno rispetto alle precedenti consultazioni, e tra le amministrazioni c’è chi quest’anno ha pure ingranato la retromarcia e chiuderà le scuole dal pomeriggio di venerdì 23 settembre sino a tutto lunedì 26. E magari non ha ancora avvisato le famiglie ufficialmente. "Le scuole non sono seggi, non solo in senso fisico ma metaforico – continua Francesca Fiore –. Ci si preoccupa di scuola solo come serbatoio di voti. La nostra richiesta è una: cominciamo a mettere mano al calendario scolastico, fermo a fine Ottocento? Sono tre mesi che ci arrabattiamo se non possiamo permetterci, come magari i politici, campus costosissimi di vela o di mandare i figli dai nonni nelle tre case al mare. Chi è più fortunato va a fare qualche campus in oratorio o nei centri estivi dai 70 ai 200 euro, i meno fortunati passano tre mesi per strada o davanti alla tivù. Arriviamo a settembre con la lingua di fuori ed è un inferno tra nomine e mense non attive. Per vedere la scuola a regime si va ad ottobre. Possiamo avere una scuola disegnata sul fatto che anche le donne lavorano? E che metta gli studenti al centro, garantendo continuità e non il balletto dei supplenti?".

"Costosissimi campus estivi, nonni, smart working e bambini annoiati. Questo nelle situazioni più rosee, nelle altre il racconto è quello di donne che lasciano il lavoro perché con più di due figli il costo dell’estate è insostenibile, di figli con disabilità che non vengono accettati ai campi estivi e di bambini e bambine con difficoltà di apprendimento che a settembre spesso devono ricominciare da capo o investire molte energie per non perdere tutti i progressi conquistati in precedenza - ribadisce Marco Chiesara, presidente di WeWorld -. Siamo stati sommersi dalle testimonianze, le stiamo raccogliendo per portarle alle istituzioni insieme alla nostra proposta per la scuola italiana, che oggi necessita di un cambiamento profondo, non più rimandabile, che metta al centro i ragazzi e le famiglie". Terrorizzate anche dal “fantasma Dad“ evocato in questi giorni pure per la crisi del gas: "Che poi a fronte di un giorno alla settimana di riscaldamento spento a scuola ne accendiamo 25 in casa senza pensare ai genitori che lavorano. Altra grande cazz...", per dirla alla “Mammadimerda“.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro