La nostra vita immersa nel dolore Confidiamo nel lavoro dei pm

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"Carlo era la persona più solare e amante della vita che avessi conosciuto. Aveva fatto il corso di tre mesi per diventare pompiere ed era stato assegnato a Milano al distaccamento di via Benedetto Marcello da poco più di trenta giorni quando ha trovato la morte in modo così tragico e assurdo". Nicola Perna, commercialista di 60 anni, è cognato del vigile del fuoco Carlo La Catena che a 25 anni ha perso la vita nella strage di via Palestro. In sua memoria ha fondato nel 1994 l’Associazione Carlo La Catena per non dimenticare il sacrificio di Carlo e dei colleghi, valorizzare il Corpo dei Vigili del Fuoco, incentivare la cultura della legalità e promuovere lo sviluppo del territorio "che è il vero antidoto alle mafie. È l’assenza di lavoro il brodo di coltura della criminalità" sottolinea Perna. A sostenerlo non ci sono più la suocera e madre di Carlo, Rita, scomparsa quest’anno. E neppure il marito di Rita, Giuseppe, che se ne era andato 3 anni dopo la morte del figlio. "Carlo era l’unico maschio dopo 4 femmine, era il più piccolo, vezzeggiato da tutta la famiglia, inclusa Raffaella (la moglie di Nicola Perna ndr)".

Chi vi informò della tragedia?

"Purtroppo abbiamo saputo tutto dalla tv. Nell’edizione straordinaria del tg avevamo appreso che a Milano si era verificata un’esplosione con cinque morti: c’era la foto di Carlo. Da quel momento una famiglia che era sempre stata felice è piombata nella disperazione. Alle 3 di notte i carabinieri, con i vigili del fuoco, ci diedero la comunicazione ufficiale ma noi già non avevamo speranze. Strazio acuito dal fatto che ci trovassimo a Napoli e non si poteva correre sul luogo del disastro o alla camera mortuaria".

Come è proseguita la vita?

"Nel dolore. Dimenticare è impossibile".

È stata fatta giustizia?

"Fra i tanti misteri italiani, noi abbiamo se non altro certezza che è stata una strage terroristica di stampo mafioso. Ma c’è ancora molto da chiarire, a distanza di trent’anni, a partire dalla trattativa tra mafia e pezzi dello Stato".

Che ne pensa della recente pista seguita dai pm fiorentini con le accuse a Rosa Belotti, sospettata di esser la “biondina“ che avrebbe parcheggiato la Fiat Uno?

"Gli inquirenti stanno facendo il loro lavoro ma le indagini sono “top secret“. Non sapremo nulla finché non ci sarà il processo. Confidiamo nel lavoro dei magistrati". A.L.

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