"La forza delle famiglie: facciamo rete"

La testimonianza di Maria e Stefano con quattro figli adolescenti. L’arcivescovo Delpini: "Grazie, custodi della speranza"

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MILANO

di Simona Ballatore

"Sento il dovere di dire alle famiglie il mio grazie perché esistono e generano vita, futuro. Custodiscono la speranza che l’umanità continuerà a vivere. Sento il dovere di dire grazie alle famiglie perché nei mesi della pandemia hanno affrontato le fatiche più quotidiane per dare serenità ai piccoli, per vigilare sugli anziani, per rendere più sopportabile una situazione opprimente". Così l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, ieri ha accolto in piazza Duomo le famiglie. "Sante subito!", il titolo della festa. Tra gli invitati Maria Malacrida e Stefano, con i loro quattro figli: la più grande - Marta - ha 19 anni, il più piccolo, Pietro, ne ha 15. E in mezzo ci sono le gemelle Anna e Benedetta. La mamma è insegnante di scuola media, il papà medico geriatra: "Ci occupiamo di ragazzi e anziani, i due estremi", sorridono, pronti a spalancare le porte anche a nonna Luisella, che presto abiterà accanto a loro.

Quali sono oggi le sfide di una famiglia cristiana?

"Prima la fede si passava col vissuto quotidiano, adesso viene chiesto anche uno sforzo in più, un ragionamento e coerenza nelle scelte di tutti i giorni. I nostri figli sono uno stimolo continuo a essere credibili".

Tutti e quattro sono nel pieno dell’adolescenza.

"Sono nati in una famiglia cristiana praticante, da piccoli hanno vissuto la fede nei gesti quotidiani, dalla benedizione dei pasti alla preghiera serale e partecipato alla vita di comunità, hanno fatto il loro percorso in Azione Cattolica, in oratorio. Adesso è arrivato il momento che quella fede ricevuta diventi scelta libera. Magari avranno un cammino diverso dal nostro, ma stanno trovando la ragione di quello che hanno conosciuto. Il gruppo di amici, gli educatori, sono la linfa della fede in questa fase.

A noi riservano domande anche spinose, non danno per scontato quello che hanno ricevuto. Ed è giusto che sia così. Che abbiano spirito critico anche nella chiesa che si ama".

Il Covid, la convivenza h24, ha messo alla prova le famiglie: c’è chi è “scoppiato“ e chi si è coeso di più.

"Noi facciamo parte del secondo gruppo. Per fortuna non siamo stati colpiti da lutti in famiglia. Ci sono stati regalati due anni con i nostri figli, abbiamo potuto vivere l’adolescenza da vicino, abbiamo ascoltato la loro musica, imparato a vedere i loro film - siamo diventati esperti della Marvel - abbiamo cucinato insieme. Ce li siamo gustati anche se ognuno aveva il suo spazio. E abbiamo potuto vivere e anche reinventarci i riti della fede in famiglia, la Pasqua, lo spezzare il pane il giovedì Santo".

Quali gli anni più sfidanti?

"Adesso è più semplice la gestione quotidiana, sono autonomi, anche se facciamo ancora i taxisti (sorride). In quattro anni sono arrivati tutti. Io e mia sorella ci siamo molto spalleggiate, in quegli anni abbiamo perso anche il papà. Ci hanno aiutato tanto le famiglie amiche, credo che la vera forza sia riuscire a fare rete. E poi ci sono sempre stati i nostri punti di riferimento, l’Azione Cattolica e l’Equipes Notre-Dame. C’è stata una condivisione profonda nella fede e un aiuto fattivo".

Tra poco la famiglia crescerà.

"Stiamo creando un bilocale per fare venire mia mamma. È ancora molto autonoma ma crediamo che condividere questi anni di vecchiaia e di gioventù sia bello, reciprocamente. Ci sono i nipoti che invadono gli spazi di solitudine, lei è sempre stata la nonna delle confidenze, delle canzoni da inventare insieme per Natale. Hanno un rapporto bellissimo. Ci contamineremo a vicenda".

Siete in piazza oggi per la festa delle famiglie.

"E la voglia di esserci è grande, dopo due anni così. Dobbiamo trovare insieme un modo nuovo di vivere la Chiesa. Ed è bellissimo essere qui con tante associazioni e realtà ecclesiastiche diverse tra loro, con un messaggio comune al centro. Si può ripartire da qui: dalla comunità, dalle alleanze".

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