"La classica come l’alta cucina va spiegata, così si gusta meglio"

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di Grazia Lissi

La sua direzione di Thaïs di Massenet, in scena alla Scala fino al 2 marzo, l’ha consacrato. Lorenzo Viotti si conferma come uno dei più bravi e preparati direttori d’orchestra della sua generazione. Sorride con distacco alle lodi che lo circondano, non vuole essere considerato una star, anzi. Questa sera, sabato e domenica il Maestro italo-francese torna per la terza volta sul podio della Filarmonica per la Stagione Sinfonica del Teatro.

In programma la “Serenata per archi” di Čajkovskij e la “Sinfonia n°2” di Rachmaninov; i concerti sono stati preceduti da una prova aperta per agli studenti e al pubblico Under30 e inviati del servizio di promozione culturale del Comune di Milano fra cui un gruppo di donne immigrate. Viotti racconta: "E’ importante dialogare con il pubblico, incontrarlo. Dobbiamo parlare con la gente, dobbiamo avvicinare la musica a tutti. Le mie parole sono un aiuto per entrare in un mondo strordinario. Siamo il ponte tra il pubblico e l’orchestra". Ricorda che una visione della musica classica come qualcosa di nicchia, solo per un pubblico “eccelso” è qualcosa di inutile e antico. In occasione Thaïs il Maestro incontra gli spettatori prima di ogni recita insieme alla musicologa Liana Puschel racconta l’opera. "La musica classica è come l’alta cucina: se lo chef viene e ti spiega il piatto che ha preparato riesce a gustarlo meglio". Jeans, maglione rosa, scarpe da tennis, Viotti che ha trentadue anni non è così lontano dai ragazzi che alla Scala lo ascoltano con attenzione e simpatia. Se la grande musica è per tutti difficile capire se un repertorio, più di un altro, può avvicinare il pubblico più giovane "Alla radio, per strada ascoltiamo musica terribile per i nostri percorsi emozionali. Non dobbiamo proporre programmi più facili ma usare le parole giuste per comunicarli". Rivela il amore per Milano e per la Scala. "Con la pandemia ho visto grandi rischi per la musica classica, ho visto sale semivuote e il pubblico in fuga. A Milano non è così, in altri paesi ho fatto concerti, ad esempio con la Gewandhausorchester non c’era quasi nessuno, i pochi spettatori avevano i capelli bianchi. Qui ho visto il teatro pieno e tantissimi giovani". Viotti è direttore musicale della Dutch National Opera, nel gennaio 2020 ha diretto alla Scala “Romeo et Juliette” di Gounod. "Il Piermarini, per me, è un luogo particolare, ho diretto la prima volta cinque anni fa, ho aspettato prima di accettare un invito, non mi sentivo pronto come uomo, non come musicista. Appena ho iniziato a lavorare prima con gli allievi del corso di perfezionamento Accademia, poi con l’Orchestra mi sono sentito a mio agio, in questo teatro mi sento bene. E’ importante questa armonia, non sempre accade e questo rende tutto più complicato; in alcuni teatri ho deciso di non tornare, non posso fingere di star bene se non è così, non posso mentire alla mia anima". Innamorato della musica, tutta, senza distinzione, Viotti racconta di ascoltare tanta e varia musica.

"Ho iniziato ascoltando il jazz, ascolto il rock, la technomusic, la musica latino americana. Se non ascolti il volume, non puoi dirigere “Le sacre di printemps” di Stravinskij o il Bolero di Ravel. Ascoltare, interrogare la musica del nostro tempo porta a un approccio diverso alla partitura che hai davanti".

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