La città ci ripensa: muoviamoci piano e andremo lontano

Piero

Lotito

La lentezza è una gran bella cosa, lo sanno i lenti per scelta e soprattutto quelli per natura, che hai voglia a pungolare perché si sbrighino a finire quel lavoro o a cominciare un altro. Proprio non ce la fanno. E perché sbrigarsi, poi, se bene o male riescono a fare le stesse cose dei veloci iperattivi? Forse diverrà lenta anche Milano, la città frenetica per antonomasia, dove sulle scale mobili i lenti si sistemano a destra e lì si guardano bene dallo schiodarsi, mentre a sinistra sfrecciano verso l’alto - curvi sui gradini, saltati due o tre alla volta - quelli che abbiamo detto: gli iperattivi, gli svelti, i milanesi d’una volta. Visto però che questi sono sempre di meno e che i "nuovi milanesi" hanno altre abitudini, la città si adegua rallentando il ritmo, inventandone una al giorno (vedi le piste ciclabili) per convincersi e convincere che lento è bello.

Dev’essere nata da questo meccanismo la zona 30, che promette di allargarsi a macchia d’olio dal centro alla periferia, anche a costo di contraddire il proprio stesso nome. E già qualcuno, preso dal brivido della lentezza, propone addirittura di abbassare la velocità ai 20 chilometri. Con l’occhio al tachimetro, una prova possiamo farla tutti: basta partire, e con la prima marcia già si sfiorando i 15. E non appena si tocca l’acceleratore per non essere d’impaccio a chi ci segue, la lancetta raggiunge e supera i 30 e anche i 40. Stare al di sotto è un esercizio da Giobbe, ci vuole pazienza e sguardo costante a quella lancetta, perché vuoi che non ci siano telecamere a incastrarti se temerariamente tocchi i 35? La zona 30, dicono i promotori, aumenta la sicurezza dei pedoni e fa diminuire il consumo di carburante e l’emissione di inquinanti. Veramente, fin qui si sapeva che il consumo è tanto più forte quanto più bassa è la marcia con la quale si procede. Avranno cambiato i motori. In più, aggiungono i promotori, negli altri Paesi la zona 30 è ampiamente adottata, e citano Germania, Austria, Svizzera, dimenticando di ricordare che qui i pedoni attraversano in sicurezza per il semplice motivo che gli automobilisti si fermano anche a cinque-dieci metri dalle strisce al minimo loro cenno di voler attraversare. Come sempre, non di imposizione si tratta, ma di civiltà.

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