“La bulla di Bollate” diventa un videogame. L’aggressione choc in una canzone /VIDEO

Ma per l'autore Aldo Gambarini-Komatsu San afferma non è un "maggio" al pestaggio tra ragazzine del 2014

Un frame del video “La bulla di Bollate" di Aldo Gambarini-Komatsu San

Un frame del video “La bulla di Bollate" di Aldo Gambarini-Komatsu San

 

Bollate (Milano), 22 gennaio 2021 - Il pestaggio choc avvenuto fra ragazze a Bollate nel 2014 entra in una canzone di Aldo Gambarini in arte Komatsu San, bergamasco di 21 anni, che vive a Milano e studia come tecnico del suono. L’aggressione fra adolescenti aveva suscitato lo sconcerto a livello nazionale per la violenza del pestaggio e soprattutto per il fatto che gli amici che avevano assistito non erano intervenuti per fermare la rissa, ma si erano affrettati a filmare con i cellulari e a mettere il video sui social.

Ora quel fatto drammatico e dai contorni controversi assume le sembianze del videogioco con musica e parole del giovane Komatsu San - Gambarini che però precisa di non volere celebrare alcuna violenza: "Lungi da me celebrare le risse - afferma - il pezzo vuole invece distruggere ogni falso perbenismo che permea casi del genere".

Il singolo riprende le fila dalla canzonetta che faceva da sottofondo a un videogioco Tekken, fra i più noti giochi picchiaduro del mondo, in cui la “Bulla di Bollate“ viene trasformata nella protagonista. "Tekken 3 non credo c’entri qualcosa con la canzone - precisa Komatsu -. Ho fatto una sorta di ‘remake’, aggiungendo parti di testo e parti musicali. Ribadisco che la mia idea di pubblicare oggi non è certo quello di ricordare un episodio fastidioso. Lungi da me celebrare la violenza".

Le sue intenzioni, precisa ancora, sarebbero solo quelle di far ballare e divertire. Il fatto reale su cui si basa scatenò però una serie di reazioni, a partire dalle protagoniste della vicenda e dalle loro famiglie. Fu uno degli episodi che fece emergere il problema dell’aggressività fra adolescenti, il bullismo e l’indifferenza, se non addirittura l’attrazione, per la violenza, proprio come se si fosse davanti a un videogioco e non alla realtà. Violenza non da censurare e fermare, ma amplificare diffondendola sui social. Un problema allora e ben lontano dall’essere risolto oggi, anzi per certi versi acuito con la pandemia e il lockdown. Le “camerette“ nelle quali sono rinchiusi i ragazzi sono spesso veri inferni di vessazioni, umiliazioni, violenza attraverso i social. Non canzonette, drammi reali.

 

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