"La battaglia per la ricerca nel nome del mio Matteo"

Francesca Favotto testimonial Airc: il suo compagno è morto a 38 anni: con lui fu amore a prima vista, ha lottato con dignità e coraggio fino alla fine

Una bella immagine di Francesca e Matteo, nei lunghi anni vissuti insieme

Una bella immagine di Francesca e Matteo, nei lunghi anni vissuti insieme

di Annamaria Lazzari

Amore, malattia, morte e dignità s’intrecciano nella storia di Francesca Favotto, giornalista di 35 anni, e del suo compagno, Matteo Losa, anche lui giornalista, oltre che scrittore e fotografo, che il tumore ha portato via a soli 38 anni.

Matteo, dopo aver lottato come un leone contro il male che lo aveva colpito al colon retto - è stato testimonial di Fondazione Airc - si è spento il 6 agosto scorso: anche quel giorno Francesca è rimasta al suo fianco, come aveva fatto nei 14 anni della malattia. Oggi porta avanti il suo impegno a favore della ricerca oncologica con Fondazione Airc che, coi Giorni della Ricerca, ha acceso i riflettori questa settimana sull’emergenza cancro, raccogliendo nuove risorse per sostenere il lavoro di circa 5.300 scienziati. Ognuno può dare il suo contributo acquistando i Cioccolatini della Ricerca su Amazon.it (info su Airc.it).

Come ha conosciuto Matteo? "Ci siamo innamorati 18 anni fa: amore a prima vista. Si è ammalato quattro anni dopo. Quando ha scoperto del tumore era studente di Ingegneria. All’inizio i sintomi facevano pensare ad altro: lamentava l’incapacità di memorizzare i libri. Era estate e abbiamo dato la colpa al caldo. Invece quando ha fatto gli esami del sangue, i valori erano sballati. Era un cancro in stadio avanzato".

Come ha reagito?

"Dopo il contraccolpo iniziale, ha accettato quello che gli era successo. È riuscito a trasformare il dolore in un’occasione di consapevolezza. Mi ha sempre raccontato che prima non era l’uomo che voleva essere e che solo dopo la malattia era riuscito a invertire la rotta per diventare la versione migliore di sé. Matteo, pur avendo anche lui i suoi momenti di sconforto, ha cercato di andare avanti con il sorriso, continuando a coltivare i suoi interessi: scrittura, fotografia ma anche cinema, musica, arte. E se è riuscito a buttarsi a capofitto in quella vita che amava lo deve anche alle cure che gli hanno consentito di trascorrere 14 anni di vita dignitosa, bella e piena. Le conquiste della scienza sono state per lui importantissime per poter contare su terapie più efficaci e sopportabili. Oltre alla chemio, negli ultimi anni ha potuto prendere i farmaci a bersaglio molecolare che gli hanno dato la forza di lavorare, di uscire con gli amici, di prendere casa insieme e di fare il viaggio dei suoi sogni. Nel 2018 abbiamo trascorso tre settimane in Giappone fra Tokyo, Kyoto e Hakone. Ricordo ancora i suoi occhi pieni di gioia".

Le sue ultime parole...

"Pima di morire mi ha detto che si sentiva un uomo felice. È stato il suo ultimo regalo: consentire a chi lo ha amato ed è sopravvissuto di continuare ad andare avanti senza sensi di colpa".

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