Milano, quel piccolo esercito di mamme e papà che veglia sull’ambulatorio dei bambini

Il Comitato Genitori del reparto Pediatria dell’Istituto Nazionale dei Tumori si è organizzato in turni per garantire il rispetto delle norme anti-Covid

Ambulatorio pediatrico

Ambulatorio pediatrico

Milano, 1 dicembre 2020 - Lo hanno fatto durante la prima ondata della pandemia e continuano a farlo ora. Donano il proprio tempo volontariamente e gratuitamente. Lo fanno per essere d’aiuto alle famiglie che oggi si trovano nella stessa situazione in cui si sono trovati loro. Lo fanno per il legame che si è via via creato con i medici e con gli infermieri. Lo fanno anche se per alcuni di loro non è facile tornare in quell’ambulatorio e convivere con i ricordi che quelle sale suscitano.  «Loro» sono i 52 volontari del Comitato Genitori del reparto di Pediatria dell’Istituto Nazionale dei Tumori di via Venezian: un «piccolo esercito silenzioso», come lo definisce Luca Pellizzer, il loro coordinatore.

Già, un piccolo esercito silenzioso fatto di mamme e di papà che ogni settimana, dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 13, regolano l’accesso all’ambulatorio dove bambini e adolescenti si sottopongono alle terapie. Garantiscono che tutte le misure di prevenzione del contagio da Coronavirus siano rispettate da parte di chi entra in ambulatorio: dall’uso della mascherina (là dove non ci siano motivi di esenzione) alla sanificazione delle mani fino alla rilevazione della temperatura corporea. Ma non solo: evitano che si creino code ed assembramenti fuori dall’ambulatorio e all’interno dello stesso. Evitano che i piccoli pazienti e i loro accompagnatori debbano aspettare al freddo. A dirla tutta il servizio, sulle prime, è nato proprio per questo, proprio dalla volontà di Maura Massimino, primario della Pediatria, di evitare che i pazienti facessero la coda al freddo. L’impegno di queste mamme e di questi papà consente al personale dell’Istituto Nazionale dei Tumori di concentrarsi sulle proprie mansioni. Un’attività preziosa e delicata, quella dei volontari, non solo perché i bambini e i ragazzi hanno le difese immunitarie indebolite dalle terapie ma anche perché l’ambulatorio di Pediatria dell’Istituto di via Venezian funziona pure come servizio di urgenza, non riceve solo su appuntamento.

«Questi volontari – sottolinea Massimino – svolgono un lavoro importante e ingrato perché respingono la confusione. Nel nostro ambulatorio capita ci siano 50 bambini al giorno, ognuno col suo accompagnatore. Parliamo, quindi, di cento persone da accogliere prendendo tutte le precauzioni imposte dalla situazione attuale, un compito che grazie ai volontari riusciamo ad assolvere». Da qui una riflessione: «Non è vero che la Lombardia non è più il mondo incantato che sembrava essere. La Lombardia è quella che è sempre stata. Basta spiegare per bene la necessità e il senso di alcune misure e i lombardi, come chiunque, sanno adeguarsi e sostenerle attivamente». 

«Ci siamo organizzati in turni – spiega Pellizzer, coordinatore del Comitato –. Ogni giorno ci sono due volontari che garantiscono il servizio dalle 8 alle 13 e altri due pronti a subentrare nel caso in cui ce ne fosse bisogno. Ovviamente questi volontari hanno una loro vita lavorativa, eppure fanno in modo di esserci, a volte usano anche i loro giorni di ferie pur di esserci e di essere utili all’ambulatorio, al reparto di Pediatria, ai medici e agli infermieri ai quali sono molto legati. Per questo vanno ringraziati». La maggior parte di queste mamme e questi papà ha perso un figlio a causa di un tumore pediatrico. Tra questi c’è Daniele Cabibbe, 58 anni, il pioniere del servizio di filtraggio in ambulatorio: «Quando Massimino mi ha detto che c’era bisogno che qualcuno presidiasse l’ingresso dell’ambulatorio riservato ai piccoli pazienti e ai loro accompagnatori, mi sono messo subito a disposizione. L’ho fatto per due motivi: perché sono molto legato alla dottoressa Massimino, le sono grato per come ha seguito mio figlio e allo stesso modo sono grato a tutti i medici e agli infermieri del reparto di Pediatria dell’Istituto Nazionale dei Tumori. Poi, secondo motivo, mi sono immedesimato in quei genitori che devono portare un figlio immunodepresso a fare delle terapie in una situazione tanto straordinaria e delicata quale una pandemia. Certo – conclude Cabibbe – tornare a frequentare quell’ambulatorio all’inizio non è stato facile». Ma ad impegnarsi nelle attività del Comitato Genitori non sono soltanto mamme e papà di ex pazienti, ci sono anche persone che si impegnano pur non avendo avuto un figlio in cura in via Venezian, persone che arrivano al Comitato attraverso gli amici, i conoscenti o il passaparola. «Un contagio positivo nell’interesse dei bambini», dice Massimino.

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