"Voleva unirsi all'Isis". Espulso straniero segnalato a Milano

Il marocchino di 34 anni era stato segnalato dalla Digos

Guerriglieri dell'Isis

Guerriglieri dell'Isis

Milano, 8 aprile 2017 - Attivo sui social network, condivideva contenuti estremisti postati da suoi amici foreign fighter, letteralmente combattenti stranieri, e non nascondeva le sue posizioni jihadiste, anzi: manifestava la sua volontà di prendere parte al conflitto. In prima linea per unirsi allo Stato islamico e già segnalato dalla Digos di Milano. Ieri è stato espulso dall’Italia. È un marocchino di 34 anni,Younef Faraouss, residente a Recanati, che ha lasciato il nostro paese a seguito di un provvedimento firmato dal ministro dell’Interno Marco Minniti. Un’espulsione motivata da motivi di sicurezza dello Stato, eseguita - si legge nella nota del ministero - dalla frontiera aerea di Roma Fiumicino con un volo diretto a Casablanca. Il 34enne ha precedenti per reati comuni ed era stato segnalato nell’ambito delle indagini svolte dalla Digos di Milano su due foreign fighter, suoi connazionali, partiti da Milano a gennaio 2015 alla volta dell’area siro-irachena per unirsi allo Stato islamico e nei cui confronti l’autorità giudiziaria milanese aveva emesso, ad aprile 2016, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione con finalità di terrorismo.

Con questo provvedimento, il 31° del 2017, sottolinea il ministero, salgono a 163 soggetti gravitanti in ambienti dell’estremismo religioso espulsi con accompagnamento alla frontiera dal gennaio 2015 ad oggi. Solo lunedì erano state eseguite altre tre espulsioni nei confronti di cittadini kosovari, residenti a Treviso e Venezia, segnalati nell’ambito delle indagini condotte dalla Digos e dai Carabinieri di Venezia che avevano portato all’arresto, il 30 marzo, di quattro loro connazionali indagati per il reato di appartenenza allo Stato Islamico. È stato documentato che i tre cittadini kosovari avevano visionato, insieme ai soggetti poi arrestati, numerosi video di propaganda jihadista che mostravano tecniche per realizzare attentati suicidi, condividendone i contenuti. Gli indagati, dopo aver iniziato a pianificare un viaggio verso territori della jihad, appresa la notizia dell’attentato a Londra del 22 marzo scorso, avevano manifestato il proprio apprezzamento e fatto commenti sulla possibilità di realizzare un’azione nel nostro Paese.

 

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