Io, la scuola d’élite e il cuore in Iulm

Il neo presidente Trione: "Al lavoro per formare la futura classe dirigente ma non lascio l’università, linfa vitale".

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di Simona Ballatore

"Tengo molto a questo nuovo incarico e alla Scuola dei beni e delle attività culturali, ma tengo anche a conservare il ruolo a tempo pieno di professore e preside alla Iulm. È la prima cosa che ho chiesto al ministro Dario Franceschini: non avrei mai lasciato l’università, è la linfa vitale anche per conoscere davvero il cambiamento generazionale, il cambiamento del mondo del lavoro, il suo dinamismo". Vincenzo Trione, professore di Arte e media e di Storia dell’arte contemporanea, preside della facoltà di Arti e turismo e coordinatore del Dottorato di ricerca in Visual and Media Studies, dal primo settembre sarà alla regia della scuola del Mibact.

Si aspettava questo incarico?

"Sono stato coinvolto nell’avventura della scuola del patrimonio dei beni culturali dalla sua fondazione, nel 2016. Ma non mi aspettavo questo tipo di proposta: i miei predecessori sono insigni giuristi, il mio è un profilo anagrafico e culturale diverso. Sono onorato e ringrazio di questa opportunità".

Il ministro Franceschini, sin dalla nomina, ha detto che lei saprà dare nuovo impulso. Come?

"Serve uno slancio visionario. La scuola ha un potenziale enorme. L’obiettivo è cercare di formare la futura classe dirigente, chi si occuperà della gestione dei musei e del turismo, in un’ottica culturale, interculturale e multidisciplinare. Anche studiosi e funzionari da tutto il mondo vengono a formarsi qui. Lo sento come una missione civile".

Le prime cose che farà?

"Avviare un confronto diretto con il Ministero dell’Università, il Consiglio superiore dei Beni culturali e il Consiglio scientifico della scuola del patrimonio.

Sono in atto le prove di ammissione dei nuovi allievi (20 nella scuola italiana e 20 per gli stranieri, tutti con già un dottorato di ricerca alle spalle, ndr), vanno adeguati i piani di studio perché il mondo negli ultimi quattro mesi è cambiato. E dobbiamo abbattere qualche paradigma. La sensazione è che i primi allievi erano ancora un po’, consentitemi il termine, “novecenteschi“. Talentuosi ma con una formazione canonica. C’è bisogno di capire l’utilizzo delle nuove tecnologie, della rete, dei social, le potenzialità della realtà aumentata. Alla conoscenza dell’architettura, dei paesaggi e degli archivi va unito lo studio dei dati, della comunicazione. Bisogna ragionare meno per discipline e più per problemi. È la scuola dell’élite culturale in un Paese che ha paura di parlare di élite. Questi ragazzi talentuosi copriranno posizioni apicali, hanno bisogno di spazio e di una formazione plurale".

Responsabilità nuova, ma non abbandona la Iulm.

"Non sono incarichi incompatibili, anzi. È naturale immaginare forme di dialogo e collaborazioni. La scuola si deve occupare anche di valorizzare la comunicazione dei beni culturale e Iulm è un’eccellenza su questo campo".

Proprio la sua facoltà ha appena lanciato un corso anche in moda e industrie creative.

"Ed è in controtendenza rispetto a quanto si dice delle iscrizioni post covid. C’è stato un boom di iscrizioni: i 150 posti sono stati estesi a 170 e non riusciremo ad accontentare tutti. Il corso cerca di colmare un vuoto, la richiesta del mercato c’è".

Arte e turismo come chiave di volta per la ripartenza?

"Non sono pessimista sulla situazione attuale, nonostante le difficoltà. Ma sì, possiamo e dobbiamo ripartire da qui".

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