"Io, ferito nella guerra per la libertà L’Ucraina è il Paese di tutti noi"

Samuel ora è a Milano per curarsi. E i genitori del foreign fighter lombardo Galli: denunciamo gli hater

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di Marianna Vazzana

"Sono stato in Ucraina 7 mesi e ho combattuto per il reggimento Azov della Guardia nazionale. Tra i soldati ho conosciuto sei italiani: due sono morti". Alvaro Samuel Martinez, di 33 anni, originario di Madrid, è tra i foreign fighters che hanno deciso di arruolarsi in un Paese straniero "per difendere la libertà, non solo di un popolo ma di tutti noi". Dalla guerra si è portato dietro cicatrici, problemi alla vista e alla pelle "perché i russi usano bombe al fosforo bianco e altre armi chimiche", racconta. "Io ho subìto le conseguenze dell’acqua avvelenata a Bucha". Ora è a Milano per curarsi e per ritrovare almeno un po’ della serenità dimenticata, "anche se per me combattere non è stata una nuova esperienza: sono stato militare in Afghanistan e in Iraq". Ha scelto Milano, spiega, "perché ho un punto di appoggio grazie ai miei familiari e un lavoro in una catena di hotel".

Martinez è andato in Ucraina "per aiutare una ragazza, mia amica, con la sua bambina". Poi è rimasto per combattere, in particolare a Bucha, arruolandosi nel reggimento Azov. La missione del suo battaglione era colpire le basi logistiche russe, "far sì che restassero isolate". Nei mesi di battaglia "ho visto tanta, troppa gente morire. Molti soldati “non professionisti“ si sono presentati per aiutare. Pieni di buona volontà, ma io penso che non tutti fossero preparati ad affrontare la guerra. Io stesso a un certo punto ero stremato", a livello fisico e psicologico. "Sotto gli occhi avevo davanti barbarie che non rientrano nel codice d’onore di un vero soldato".

A Milano è stato ospite dell’associazione “Ucraina Più – Milano“: nei locali della biblioteca in via Brusuglio, ad Affori, ha raccontato la guerra vissuta. "Alla nostra domanda: “Perché?“ – dice Iryna Luts che ha promosso l’incontro –, Samuel ha risposto “perché sto difendendo il mio Paese!". A quel punto, la considerazione "ma tu sei spagnolo, non ucraino!" è arrivata spontanea. Ed è seguita la risposta che ha alimentato l’ammirazione della platea verso questo uomo coraggioso: "Difendo il mio Paese, oggi, perché Putin è un folle. A separare l’Ucraina dalla Spagna ci sono 3 ore di volo. Oggi la guerra è da voi, domani può arrivare da noi". Al telefono aggiunge: "Non c’è più un voi e un noi, siamo un tutt’uno".

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