Tragedia sul lavoro, il sensore e la valvola: un doppio guasto pagato con tre vite

Milano, anatomia di una drammatica fatalità

Carabinieri davanti alla Lamina Spa

Carabinieri davanti alla Lamina Spa

Milano, 18 gennaio 2018 - Una drammatica fatalità. Un doppio guasto a innescare l’ennesima tragedia sul lavoro. I primi esiti degli approfondimenti di carabinieri della Compagnia Monforte, vigili del fuoco e tecnici dell’Ats sembrano lasciare pochi dubbi sulle cause della morte da intossicazione di Arrigo Barbieri, Marco Santamaria e Giuseppe Setzu all’interno dei capannoni della ditta Lamina spa di via Rho a Milano. Ecco la ricostruzione, secondo quanto finora accertato dagli investigatori coordinati dai pm Tiziana Siciliano e Gaetano Ruta. Il guasto-esca è quello al sistema d’allarme, probabilmente di natura elettrica ai sensori che segnalano la presenza anomala di gas tossici. È il guasto che Barbieri e Santamaria devono riparare martedì pomeriggio, a due metri di profondità, nella fossa che contiene il forno per la lavorazione dei metalli.

Non sanno però, proprio a causa del malfunzionamento dell’allarme (di fatto disattivato), che c’è un altro guasto, ben più serio: quello alla valvola dell’azoto. In sostanza, il gas, utilizzato per evitare che l’acciaio si ossidi durante le operazioni di riscaldamento, ha satutato la parte bassa dell’invaso (visto che «pesa» più dell’ossigeno e si deposita sul fondo).  Così Barbieri e Santamaria si ritrovano in trappola: non hanno la strumentazione adatta per resistere a quella concentrazione di azoto (tipo una maschera, di quelle utilizzate dai vigili del fuoco, che consente di operare per un tempo massimo di 40 minuti) e perdono i sensi. Il fratello di Arrigo, Giancarlo Barbieri, è il primo ad accorgersi dell’accaduto, ma viene risucchiato pure lui dalla nube inodore. Stessa sorte tocca a Giuseppe Setzu, che si precipiterà invano per cercare di mettere in salvo i colleghi.

Ha contribuito anche l’imperizia a trasformare un doppio guasto in uno dei drammi sul lavoro più gravi degli ultimi anni? Presto per dirlo. Intanto la Procura, come atto dovuto, ha iscritto nel registro degli indagati Roberto Sanmarchi, ingegnere e amministratore unico dell’azienda a conduzione familiare fondata nel 1949. Risposte decisive si attendono dalle autopsie, in particolare sui tempi dell’intossicazione mortale. E altri interrogativi saranno oggetto di una perizia tecnica, che, come ha chiarito il legale di Sanmarchi, l’avvocato Roberto Nicolosi Petringa, è probabile venga disposta. La Lamina, ora sotto sequestro, ha raccontato il legale, «è sempre stata, da quando la conosco, da 30 anni, un’azienda esemplare, molto attenta alla sicurezza». E tra gli operai e i responsabili (anche altre figure, come gli addetti alla sicurezza, potrebbero essere coinvolte nell’indagine) c’è sempre stato «un rapporto familiare».

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