Insetti nel piatto, l’Europa è al bivio. I ricercatori a Expo: sì al consumo a tavola

Entro settembre l'Autorità europea sulla sicurezza alimentare deve dare i pareri scientifici: 1.900 specie sono commestibili

Alcuni degli insetti commestibili oggetto del libro bianco presentato a Expo

Alcuni degli insetti commestibili oggetto del libro bianco presentato a Expo

Milano, 28 luglio 2015 - Entro fine anno la Svizzera dovrebbe dare il via libera agli insetti a tavola. Dopo Belgio e Olanda, la Confederazione elvetica sarà il terzo Paese in Europa a varare norme su grilli, larve, locuste e coleotteri, sia per il consumo umano, sia animale. La barriera che per decenni l’Occidente ha alzato contro una pratica quotidiana in Oriente, l’entomofagia appunto (ossia il cibarsi di insetti), si è ormai incrinata. D’altronde la comunità scientifica internazionale lo ripete come un mantra: per far fronte all’aumento della domanda di proteine dei prossimi anni una soluzione è introdurre gli insetti in cucina. «Entro il 2050 la popolazione mondiale crescerà fino a 9 miliardi di individui – spiega Andrea Mascaretti, della Società Umanitaria di Milano –, serviranno 465 tonnellate all’anno di animali per l’alimentazione umana, ma il rischio è che il sistema vada al collasso. Bisogna immaginare delle compensazioni». Gli insetti, ad esempio. «Già oggi due miliardi di persone li mangiano – prosegue l’ingegnere –. Se entro il 2050 il 20% delle proteine animali destinate ad alimentazione provenisse da insetti, avremmo minori consumi di acqua ed energia e meno inquinamento».

Proprio l’Umanitaria, insieme alle università Statale di Milano, dell’Insubria e al polo piacentino della Cattolica, ha stampato un «Libro bianco sugli insetti commestibili», un vademecum per i governi italiani ed europei, sia in materia di leggi sia sul fronte della ricerca. Presentato ieri a Expo, il documento, espressione della rete «Edible insects» che coinvolge oltre 300 ricercatori italiani, ha l’obiettivo di sollecitare Roma e Bruxelles a prendere una posizione. «Dobbiamo attrezzarci o rischiamo di trovare i mercati già saturi», avverte Roberto Valvassori, biologo dell’università dell’Insubria. Al momento già 1.900 specie di insetti sono state censite come commestibili, sia per l’alimentazione umana sia per quella animale. Dieci le più diffuse, tra cui grilli, locuste e colettori. Le larve sono allevate in Cina per essere trasformate in mangimi e l’università Statale ha sperimentato di far crescere false mosche da scarti di cibo per farine destinate a galline e pesci. «È un utilizzo che abbatte i consumi», osserva Mario Colombo, entomologo della Statale.

Esiste poi un’industria degli insetti oltre l’alimentazione, «come biotrasformatori per molecole usate dal settore biomedicale, dalla cosmetica e dalle bioraffinerie», precisa il docente. Già oggi un semaforo verde al mercato di larve e grilli farebbe salire di giri aziende che stanno viaggiando a motori spenti, come quelle che in Italia producono esche per la pesca. La stessa Umanitaria, spiega il presidente Piero Amos Nannini, «vorrebbe far partire una startup per produrre insetti», sfruttando i terreni e le cascine della propria fondazione agraria Felice Ferri. Ad essere precisi, in Europa esiste già un disciplinare per far approvare gli insetti commestibili, ma è talmente complicato da far desistere imprese e governi. Nemmeno per Expo è stato possibile ottenere un via libera. Tuttavia da un anno e mezzo i ricercatori dell’Efsa (l’Autorià europea sulla sicurezza alimentare) stanno lavorando a un documento sui profili di rischio del consumo di insetti da spedire alla Commissione Ue. «A settembre sarà pubblica l’opinione – spiega Antonia Ricci, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie –. Solo allora arriveranno le basi scientifiche su cui realizzare norme in questo settore».

luca.zorloni@ilgiorno.net

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