Infermiere aggredito al Policlinico di Milano: "Bisogna investire sulla sicurezza"

Paziente Covid negazionista prende a testate in faccia un operatore sanitario e ne minaccia altre due. Guarneri, Fp Cgil: "Aumentare il personale"

Infermieri esasperati dalle condizioni di lavoro sempre più difficili

Infermieri esasperati dalle condizioni di lavoro sempre più difficili

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Il raid improvviso. Le testate contro un infermiere, che per fortuna è riuscito in parte a schivarle. E le veementi minacce ad altre due operatrici sanitarie intervenute in soccorso del collega in difficoltà. L’episodio è andato in scena mercoledì all’interno del reparto Covid-malattie infettive del Policlinico: l’aggressore è un uomo di 52 anni, ricoverato nell’ospedale di via Sforza perché positivo al coronavirus. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, che hanno identificato il paziente e ricostruito la dinamica dell’accaduto; nelle prossime ore, l’infermiere, che non ha riportato gravi traumi, dovrebbe formalizzare la denuncia contro il cinquantaduenne. Il blitz è avvenuto senza un apparente motivo scatenante, anche se, stando alle informazioni raccolte dal Giorno, l’autore sarebbe una persona non vaccinata e «resistente alle attività del reparto»; detto altrimenti, sarebbe un negazionista della pandemia, nonostante nei giorni scorsi sia stato intubato proprio a causa del Covid. I casi di no vax che rifiutano le cure sono comunque «del tutto eccezionali – precisa il direttore del reparto Andrea Gori –. La maggioranza delle persone, di fronte alla malattia, l’ossigeno lo prende molto volentieri». Intanto oggi gli infermieri di tutta Italia scenderanno in piazza per partecipare allo sciopero proclamato dal Nursind: a Milano i manifestanti si ritroveranno davanti al Pirellone per un flash mob. Ecco le rivendicazioni alla base della mobilitazione nazionale: «Condizioni di lavoro inaccettabili, mancato riconoscimento delle competenze e gravi carenze d’organico». «Le amministrazioni degli ospedali dovrebbero investire in sicurezza. Basterebbe anche solo aumentare il personale. Meno sono i lavoratori, più si ritrovano a essere soli con i pazienti, anche quelli più problematici". Questo il commento di Isa Guarneri della Fp Cgil, comparto Sanità, a seguito dell’aggressione subìta da un infermiere, colpito da una testata mercoledì sera nel reparto Covid-malattie infettive del Policlinico, e delle minacce a due operatrici sanitarie, arrivate in suo soccorso. Responsabile sarebbe un paziente che è stato definito "resistente alle attività del reparto". Tradotto: negazionista del Covid, stando a quanto appreso dal Giorno , nonostante fosse stato pure intubato nei giorni precedenti. E oggi gli infermieri di tutta Italia scenderanno in piazza in occasione dello sciopero nazionale (dalle 7, per 24 ore) convocato dal sindacato Nursind per denunciare "condizioni di lavoro inaccettabili, mancato riconoscimento delle competenze, gravi carenze d’organico". A Milano flash mob sotto il palazzo del Consiglio regionale.

Guarneri, sono frequenti in questo periodo le aggressioni negli ospedali? "Frequenti no, ma di sicuro c’è tanto stress. Gli operatori sanitari sono molto provati, alcuni hanno addirittura abbandonato la professione dopo la prima ondata di coronavirus. E a nessuno fa piacere essere aggredito o insultato, a maggior ragione dopo due anni di lavoro svolto sempre in situazione di emergenza, tra cura dei pazienti e mobilità da una struttura all’altra a seconda di dove serve personale in un preciso momento. Penso per esempio agli spostamenti per la campagna vaccinale".

Insomma, da eroi a bersagli di insulti e botte? "Se i posti letto nei reparti Covid sono occupati principalmente da no vax o negazionisti del Covid, la probabilità che qualcuno dei pazienti vada in escandescenze c’è, vista la situazione. Gli operatori sanitari hanno quindi un carico di stress in più che si aggiunge alla stanchezza. Il vero problema è che il personale presente nei reparti è ridotto all’osso e questo incide sulla sicurezza dei lavoratori. Il tema sicurezza tornerà a essere una delle nostre priorità dopo l’emergenza Covid, che ha fatto saltare la normalità".

Cos’è cambiato rispetto al periodo pre-Covid? "In pre-pandemia avevamo chiesto un aumento del personale di sorveglianza nei pronto soccorso, perché era questo il punto in cui avvenivano maggiormente le aggressioni, solitamente a opera di parenti di persone da visitare o ricoverare. Con la pandemia è rimasto tutto congelato, ci siamo dedicati più al rispetto delle norme anti contagio e, in generale, sono cambiati gli equilibri. Pensiamo solo al fatto che adesso i parenti non possono neppure accedere al pronto soccorso, per le nuove regole. Di solito, prima del 2020, chi diventava aggressivo si lamentava di lunghi tempi di attesa, carenza di informazioni e del fatto di non poter stare accanto al proprio caro. E poi avevamo chiesto anche di individuare personale dedicato all’area psichiatrica dei pronto soccorso. Ora il problema resta comunque nei pronto soccorso, per via delle rimostranze di chi non può essere raggiunto dai parenti, e si è spostato anche nei reparti".