Inclusività, varietà e multietnicità Nuove regole per bellezza e modelle

Bruno Pauletta, ceo di Brave Management, racconta come è cambiato il mondo delle passerelle

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di Annamaria Lazzari

Non che sulle passerelle siano scomparse le modelle bionde, alte e magre. Ma i codici rigidi non funzionano più. "Inclusione, varietà, etnicità stanno trasformando l’idea stessa di bellezza. A sfilare adesso per la nuova Fashion Week arrivano ragazze da tutto il mondo, anche dall’Africa e dalla Cina, a differenza di un tempo quando il mercato era dominato da ondate di americane, svedesi e poi europee dall’Est. Oggi per alcuni brand la richiesta di modelle etniche prevale su quelle di origine caucasica" spiega Bruno Pauletta, 58 anni, ceo di Brave management, un’agenzia "boutique" che rappresenta una cinquantina di modelle, anche di Londra, Parigi, New York. 58 anni, una vita trascorsa nel settore, Pauletta dal 2001 ha fondato la sua attività che si occupa anche di scovare talenti, come è successo con Bianca Balti e Carmen Kass. La varietà d’origine di cui parla l’ad si riflette anche in altre caratteristiche del canone estetico che non è più "monocorde". "Nel 1987, quando ho iniziato a lavorare in questo campo, se una ragazza era alta meno di 1 metro e 78 difficilmente lavorava. Kate Moss (alta 1,70 cm ndr) è stata un’eccezione. Oggi non è più così: sul catwalk si trovano anche indossatrici di un metro e 68 anche se nella maggior parte dei casi l’altezza è superiore".

Stesso discorso sulla delicata questione del peso che più volte nel passato ha attirato sulla moda l’accusa di promuovere un modello anoressico: "Una leggenda da sfatare: l’anoressia non è una patologia che viene facendo la modella. Le cause vanno ricercate nell’infanzia o nel modello familiare. Il punto è che ci sono modelle naturalmente magre, per motivi legati alla genetica, come la stessa Balti che quando ha iniziato a fare questo lavoro misurava 84 centimetri di fianchi.

Ad ogni modo oggi le taglie sono di tutte le misure e ci sono anche le modelle curvy". Ad essere tramontata è pure la moda delle giovanissime che imperversava qualche anno fa: "Per politica aziendale negli ultimi anni molti stilisti ingaggiano solo ragazze maggiorenni" prosegue Pauletta.

Nel presente si è inserita pure la variabile social network. "Indubbiamente per quelle aziende interessate a pianificare sul digital c’è una prevalenza di richiesta di modelle con tanti follower fra Tik Tok e Instagram. Ma nella pubblicità vecchio stile sulla carta stampata o in tv questo numero è ininfluente.

Se parliamo di scouting poi per noi è l’ultimo dato da prendere in considerazione visto che le giovanissime hanno un circuito di "seguaci" legato solo a scuola e famiglia".

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