Inchiesta sui camici Indagato Fontana

Con il governatore lombardo anche il cognato Dini e l’ex dg di Aria Sotto accusa c’è l’affidamento diretto alla società Dama Spa

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La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati il governatore di Regione Lombardia, Attilio Fontana. L’inchiesta è quella relativa alla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altri dispositivi di protezione da parte della Dama Spa, società gestita dal cognato Andrea Dini e dove la moglie di Fontana, Roberta Dini, detiene una quota del 10%. La notizia è arrivata nel giorno in cui è stato interrogato Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria spa, la centrale acquisti regionale indagato insieme al cognato. Per entrambi l’accusa è di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraemte.

Nelle fasi più calde della pandemia, quando il coronavirus in Lombardia ogni giorno prendeva centinaia di vite, in Regione si lavorava in "uno stato quotidiano di necessità". E lo stesso clima si respirava all’interno di Aria Spa. La priorità assoluta era trovare guanti, mascherine, camici, praticamente introvabili in Europa. E in questa direzione le strutture regionali lavoravano a pieno regime, incalzate dall’avanzare del contagio, ha spiegato Bongiovanni ai magistrati, sentito nell’inchiesta sulla fornitura da 500mila euro di camici e altri dispositivi da parte di Dama Spa.

L’azienda tessile all’inizio dell’emergenza ha accantonato il marchio Paul&Shark e altre produzioni e si è riconvertita. Tra le richieste, il 16 aprile, è arrivato quell’affidamento diretto da parte di Aria per 75mila camici a uso ospedaliero. Affidamento senza gara che, secondo le indagini dell’aggiunto Maurizio Romanelli e dei pm Filippini, Furno e Scalas, è in pieno conflitto di interessi. L’ordine si sarebbe trasformato in donazione solo il 20 maggio, quando la trasmissione Report ha iniziato ad investigare sulla vicenda. Non tutti i camici, però, sono stati regalati. Dama Spa avrebbe provato a vendere i 25mila non aveva ancora consegnati al prezzo di 9 euro l’uno. Tre euro in più rispetto ai 6 proposti da Aria. E la casa di cura ‘LeTerrazze’ di Cunardo (Varese), contattata subito dopo da Dama, si è tirata indietro di fronte a quel costo.

Escluso fin dalle prime battute dell’indagine un eventuale coinvolgimento della moglie di Fontana, che pur avendo una partecipazione significativa, non ha alcun ruolo operativo nell’azienda. Nei giorni scorsi in Procura sono stati sentiti diversi testimoni ma - da quanto è trapelato - è stato l’ex dg Bongiovanni, difeso dall’avvocato Domenico Aiello, a tracciare il quadro più chiaro di quello che avveniva all’interno di Aria nel clou dell’epidemia. Il manager ha avuto la possibilità di fare dichiarazioni e i pm gli hanno fatte alcune domande, per rendere più espliciti alcuni passaggi del suo racconto. Bongiovanni, dal canto suo, avrebbe chiarito che in quella fase di piena pandemia erano state sospese tutte le procedure di verifica sulle forniture, compresa quella sui conflitti di interesse, e che questo genere di verifiche, tra l’altro, non sarebbero nemmeno spettate a lui. Qualunque impresa, dunque, che poteva fornire dispositivi di protezione individuale e che si era riconvertita per farlo, veniva in presa in considerazione da Aria. Bongiovanni non avrebbe mai parlato con Fontana del ‘caso forniturà, ma, pare, lo avrebbe fatto con altri in Regione.

Paolo Verri

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