Incendio a Quarto Oggiaro, agli atti foto del via vai di camion nel sito della Bovisasca

L'ipotesi: Ipb Italia poteva contare su autorizzazioni di Ipb fino al prossimo 24 ottobre

L'area di via Quarto Oggiaro distrutta dall'incendio

L'area di via Quarto Oggiaro distrutta dall'incendio

Milano, 19 ottobre 2018 -  La Ipb Italia srl aveva oppure no l’autorizzazione a stoccare i rifiuti poi andati a fuoco domenica sera? Nei giorni scorsi abbiamo sempre ipotizzato di «no», sulla scorta di quanto affermato il giorno dopo il rogo dai rappresentanti della Città metropolitana, che avevano parlato di «diniego» legato a irregolarità nella fideiussione necessaria per coprire eventuali danni ambientali. Ora, però, le indagini della Procura sembrano far emergere un nuovo scenario: stando a quanto risulta agli inquirenti, Ipb Italia srl, a cui la proprietaria del capannone Ipb srl aveva ceduto il ramo d’azienda nel marzo scorso, poteva in realtà avvalersi dell’autorizzazione in capo a Ipb srl, proprio in virtù della cessione e almeno fino al prossimo 24 ottobre, data in cui era in scadenza una fideiussione di Ipb Italia. Si tratta, ovviamente, di un punto importante dell’inchiesta in corso, portata avanti da Squadra mobile e vigili del fuoco sotto il coordinamento del pm Donata Costa; e va ricordato, in ogni caso, che tra Ipb e Ipb Italia era in corso un contenzioso per la risoluzione dell’accordo in essere. Detto questo, va accertato pure che tipo di rifiuti siano stati immagazzinati nel deposito di via Chiasserini 21: gli investigatori hanno stabilito finora che alcuni carichi erano regolarmente tracciati, il resto è ancora da approfondire.

Così come vanno analizzate con molta attenzione alcune fotografie, prodotte da Ipb, su un via vai sospetto di camion verso il magazzino della Bovisasca: individuare a quale ditta appartengono quei mezzi potrebbe dare una svolta decisiva, come è già stato dimostrato nel caso dell’incendio di Corteolona (sei arresti dei carabinieri forestali qualche settimana fa); dall’azienda di trasporti si potrebbe in teoria risalire alle imprese che hanno pagato per conferire quel materiale nel capannone bruciato e così tracciare la provenienza dei rifiuti andati in fiamme. Materia, quest’ultima, per l’ingegner Massimo Bardazza, nominato dai pm come consulente per analizzare la dinamica del rogo e capire con esattezza cosa ci fosse in quei 2.500 metri quadrati; il professionista si è occupato in passato di altri casi particolarmente complessi come l’esplosione della palazzina di via Brioschi e la strage di Erba. Sul caso Bovisasca si è acceso pure il faro della Direzione distrettuale antimafia, competente per il reato di traffico illecito di rifiuti. 

I magistrati stanno cercando collegamenti con altri casi del recentissimo passato ed eventuali connessioni con il secondo rogo, quello di lunedì notte a Novate Milanese; le circostanze di spazio e tempo non possono che destare più di un sospetto su una possibile mano unica dietro entrambi gli episodi di origine quasi certamente dolosa.

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