In Lombardia attive 25 cosche Tra gli affari illeciti spicca l’usura

L’ultima relazione semestrale della Dia prevedeva un incremento dell’illegalità dovuto alla crisi economica

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Sarebbero ben 25 le “locali“ di ‘ndrangheta in Lombardia. Stando alla fotografia scattata dall’ultima relazione semestrale della Dia relativa al periodo gennaio-giugno 2021, la mafia calabrese avrebbe messo profonde radici nell’hinterland. Locali esistono a Milano, Bollate, Bresso, Cormano, Corsico, Pioltello, Rho, Solaro e Legnano, ma anche nel Comasco (con locali a Erba, Canzo-Asso, Mariano Comense, Appiano Gentile, Senna Comasco, Fino Mornasco, Cermenate). E poi nella verde Brianza tra Lentate sul Seveso e Limbiate, nel Lecchese (locali di Lecco e Calolziocorte), ma anche a Brescia (Lumezzane), nel Pavese (locali di Pavia e Voghera) e nel Varesotto (Lonate Pozzolo).

Tra le attività illecite più diffuse c’è l’usura. Secondo gli investigatori, i clan hanno affidato ai loro strozzini un compito fondamentale per lo sviluppo "imprenditoriale" dell’organizzazione: incassare soldi come "capitale di partenza per generare ulteriori profitti, senza trascurare la possibilità di riciclaggio mediante canali legali e illegali". Usura destinata peraltro a crescere, vista la crisi economica. E la criminalità organizzata sarebbe "già pronta a rilevare attività economiche anche a prezzi zero o stracciati".

Ma come vengono erogati i prestiti a tassi insostenibili? Mascherandoli "tramite false fatturazioni emesse da società di copertura", dice la relazione della Dia. In questo modo, "i ricavi vengono contabilizzati all’interno dei bilanci societari", andando a costituire un "patrimonio apparentemente lecito", come si legge ancora nella relazione presentata al Parlamento.

E che il comparto non sia in crisi, lo si deduce anche dal numero di “interdittive“ antimafia notificate nei sei mesi in esame dalle Prefetture del distretto di Milano: 20, di cui ben 15 destinate a imprese legate alla ’ndrangheta.

"La ‘ndrangheta di oggi è cambiata molto rispetto a quella di dieci anni fa - ha ribadito anche di recente il capo della Dda milanese Alessandra Dolci - oggi ha una spiccata vocazione imprenditoriale, ancora più insidiosa rispetto al passato, arriva in tutti i settori dell’economia. Le cosche non sparano più ma si presentano in giacca e cravatta. Si pongono come risolutori di problemi, forniscono prestazioni e servizi a prezzi fuori mercato. Ma il mafioso presenta sempre il conto".

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