Milano, immigrati truffati: condannato panettiere

Raggirò 200 persone: condanna a quattro anni

Manifestazione dei migranti a Milano

Manifestazione dei migranti a Milano

Milano, 20 marzo 2018 - Centinaia di immigrati illusi. Mezzo milione di euro incassato complessivamente per istruire pratiche mai partite. Un raggiro replicato per mesi, fino all’intervento dei carabinieri nel dicembre del 2013. A quattro anni e mezzo anni da quell’inchiesta, la Cassazione ha reso definitiva la condanna a quattro anni di reclusione e 9mila euro di multa per Sherif Abd El Meguid, 41enne egiziano, alla sbarra per favoreggiamento della permanenza in Italia di immigrati irregolari e falsità di atti pubblici.

La mente dell’imbroglio, secondo quanto accertato dalle indagini dei militari della stazione di Magenta, era il 49enne Francesco Gravina (giudicato separatamente), ex guardia capo del carcere minorile Beccaria, che si serviva di Sherif, professione panettiere, per contattare connazionali interessati a regolarizzare la loro posizione nel nostro Paese in concomitanza con la «Sanatoria» del 2009. Il meccanismo: tariffe da 500 a 3mila euro per avviare l’iter, garantendo ai «clienti» l’impiego come colf e badanti. Ai truffati venivano pure forniti modelli F24 «recanti il timbro di un istituto di credito nonché una ricevuta prefettizia dell’avvio della pratica». Tutto fasullo, stando a quanto accertato dagli approfondimenti investigativi; senza contare che «tutti i datori di lavoro indicati risultavano dimorare nello stesso luogo di Caltagirone (in provincia di Catania, ndr) dove in realtà vi era una pizzeria». Quando le vittime si sono accorte che nulla era cambiato, hanno deciso di rivolgersi alle forze dell’ordine: circa 200 i denuncianti, con versioni pressoché identiche.

Le prime prove arrivarono già dalla perquisizione a casa di El Meguid: nell’appartamento furono infatti rinvenuti e sequestrati modelli F24 ancora in bianco, fotocopie di passaporti egiziani, prospetti informativi sulla pratica di regolarizzazione, appunti su persone che avrebbero dovuto essere indicate come datori di lavoro e un assegno da mille euro «tratto dal conto corrente di una società riferibile a Gravina». Già la sentenza di Appello, a conferma di quella di primo grado, aveva escluso profili di correità dei raggirati, considerati invece «persora è arrivato il verdetto della Suprema Corte, che ha respinto uno per uno i motivi di ricorso presentati dal legale dell’egiziano. Oltre alle testimonianze degli immigrati «fregati», hanno contato pure le parole di Gravina, che ha reso «dichiarazioni etero e autoaccusatorie», spiegando nei dettagli «l’intero meccanismo fraudolento organizzato a danno di soggetti stranieri».

 

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