Caso Ruby, morta Imane Fadil. Pm all'obitorio: "Nessuno può vedere il cadavere"

Mercoledì l'autopsia: sale schermate, camici piombati e l'impiego di tecniche all'avanguardia per trovare tracce di avvelenamento

Imane Fadil

Imane Fadil

Milano, 17 marzo 2019 - "Non farla vedere a nessuno". È la scritta a mano che compare sul fascicolo dell'obitorio di Milano dove si trova il corpo di Imane Fadil, 34enne marocchina, una delle testi chiave del processo Ruby, morta il primo marzo e nel pomeriggio di quello stesso giorno trasferita dalla clinica Humanitas all'obitorio. La frase apposta da uno degli addetti del Comune riporta l'ordine della Procura di non fare avvicinare nessuno, nemmeno amici e parenti, al cadavere della modella da oltre due settimane 'blindato' in attesa dell'autopsia.

L'AUTOPSIA -  Sale schermate, maschere e camici piombati, appositi sistemi di protezione e la rara tecnica del carotaggio degli organi. La ricerca della verità sulla morte di Fadil è ora affidata anche a tecniche rare che vengono adottate nelle autopsie su cadaveri con sospetto avvelenamento da radiazioni. Potrebbero essere le analisi sui tessuti, affidate a un pool di esperti guidati dall’anatomopatologa più celebre d’Italia, Cristina Cattaneo, a far luce sulla morte di Imane Fadil. Mercoledì è prevista l’autopsia, come disposto dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano che coordina le indagini insieme al pm Luca Gaglio, lo stesso che in aula sostiene l’accusa al processo Ruby ter che vede Berlusconi e decine di ragazze invitate alle "cene eleganti" – e poi sistemate negli appartamenti di via Olgettina, a Milano – imputati per corruzione in atti giudiziari, ovvero denaro in cambio di silenzi sui dopocena di bunga bunga.

L'IPOTESI - La 34enne non è detto sia morta avvelenata da un mix di sostanze radioattive come ipotizzato in un primo momento. "Nessuna valutazione di radioattività" è stata effettuata, ha fatto sapere ieri il Centro antiveleni di Pavia che ha condotto lo studio. Tuttavia gli inquirenti stanno analizzando il valore di alcuni metalli (cobalto, cromo, nichel e molibdeno) presenti nel sangue della ragazza sottoposta in clinica a continue trasfusioni. Intanto emerge che Imane Fadil è risultata negativa anche ai test sui veleni più comuni, in particolare l'arsenico. È quanto risulta dalle cartelle cliniche ora in mano alla Procura di Milano che indaga per omicidio volontario. Cartelle da cui emerge che la modella non aveva nemmeno la leptospirosi. Le analisi per appurare al presenza di veleni sono state svolte dal Centro Antiveleni di Niguarda e per la leptospirosi dalla stessa Humanitas.

L'INCHIESTA - L’inchiesta aperta in procura sulla sua morte è per omicidio volontario. I sintomi che la ragazza presentava sono "compatibili" con l’avvelenamento, fanno sapere i magistrati. Era entrata alla clinica Humanitas di Rozzano, hinterland milanese, lo scorso 29 gennaio, per una gravissima disfunzione del midollo osseo che aveva smesso di produrre globuli bianchi, rossi e piastrine. I medici avevano anche pensato a un tumore, poi escluso. L’autopsia dovrebbe chiarire cosa abbia aggredito il midollo e poi gli organi vitali portandola nel giro di un mese alla morte. Nel corso della sua agonia la giovane lamentava gonfiori, importanti dolori all’addome, vomito e presentava un quadro clinico molto complicato. Era stata subito trasferita in terapia intensiva, dove erano iniziati tutti gli accertamenti possibili e i medici avevano ipotizzato ma poi escluso anche il lupus, grave malattia autoimmune. Dopo un aggravamento improvviso Imane era finita in rianimazione, dove essendo anche molto agitata era stata sottoposta a sedazione farmacologica. Poi le sue condizioni erano migliorate ed era stata rimandata al reparto di Medicina generale. Poi, dopo l’aggravarsi delle condizioni di Fadil e il decadimento progressivo degli organi, i medici decisero di tentare la strada delle analisi del dosaggio su 50 metalli al Centro antiveleni di Pavia. Quando arrivò la risposta, lei era già morta. 

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