Ex Ilva, effetto domino in Lombardia

Non solo Taranto: da Brescia a Milano, ecco chi rischia con ArcelorMittal. E la meccanica è già in crisi

I lavoratori dell’ex gruppo Ilva in Lombardia sono divisi in diversi siti produttivi

I lavoratori dell’ex gruppo Ilva in Lombardia sono divisi in diversi siti produttivi

Milano, 8 novembre 2019 - Tremano i dipendenti della controllata Innse Cilindri di Brescia e delle sedi ArcelorMittal di Milano e hinterland, ma anche tante piccole e medie imprese lombarde del settore metalmeccanico. La crisi dell’ex Illva di Taranto, con il paventato ritiro di Arcelor Mittal dal perfezionamento dell’acquisto dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa, rischia di far sentire i suoi effetti anche in Lombardia e nel Nord Italia dove, secondo le stime della Fim-Cisl, rischia di andare in fumo un miliardo di euro di Pil, che si tradurrebbe in crisi aziendali e licenziamenti. Il caso Illva, spiega il segretario generale Fim-Cisl Lombardia Andrea Donegà, «rischia di travolgere l’industria metalmeccanica lombarda, già affaticata dal calo del mercato dell’auto e dalla frenata della Germania» oltre alla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina. E non andrebbe molto meglio se passasse la linea prospettata dagli indiani di tagliare 5mila posti di lavoro a Taranto.

L’effetto domino sarebbe inevitabile anche a nord del Po. Secondo il sindacalista, «colpire l’industria siderurgica ex Ilva equivale a danneggiare a cascata tutta la filiera, perché renderà complicato l’approvvigionamento di acciaio e costringerà le nostre imprese a rifornirsi dall’estero, con gravi contraccolpi in termini di posti di lavoro anche nel settore metalmeccanico lombardo». La vertenza, quindi, «è una battaglia anche dei metalmeccanici di questa Regione», che nei prossimi giorni potrebbero organizzare una mobilitazione per sostenere la lotta per conservare il lavoro e le prospettive in corso a Taranto e lanciare un segnale al Governo.

ArcelorMittal, presente in Italia dal 1998, è infatti la prima azienda del Paese nella produzione di acciaio, con sede in via Brenta a Milano e impianti di laminazione a Genova e Novi Ligure.  La Lombardia ospita un’unità produttiva a Paderno Dugnano, oltre alla controllata Innse Cilindri di Brescia. Un pezzo di industria rimasto attivo dopo decenni di traversie, dalla vecchia Innocenti dei tubi, della meccanica pesante e delle auto alle partecipazioni statali, dalla privatizzazione al rischio di chiudere per sempre. E ora, dopo il passaggio ad Arcelor, si rischia ancora. Quello dell’acciaio in Lombardia, sotto lo scudo di Mittal, è un sistema attorno al quale ruota l’indotto formato da piccole e medie imprese del territorio. «Siamo molto preoccupati – sottolinea Donegà – per le possibili ricadute dirette sui lavoratori, ma pensiamo anche ai vari distretti industriali, come la meccanica strumentale di Bergamo e Brescia e la metalmeccanica di Lecco, con il rischio di spostare all’estero la catena dei fornitori, ripercussioni sulla competitività e conseguente perdita di valore e posti di lavoro, impoverendo il tessuto produttivo».

Per questo i lavoratori milanesi - annunciano i sindacati - aderiranno allo sciopero di quattro ore in solidarietà con i colleghi pugliesi. Segnali preoccupanti in una regione dove l’industria metalmeccanica sta attraversando da tempo una profonda crisi. Sono in tutto 16.502 lavoratori coinvolti in situazioni di crisi (+71% rispetto ai primi sei mesi del 2018). E il 2019 ha già fatto registrare un’impennata del 189% dei licenziamenti collettivi: 1.226 lavoratori contro i 423 del secondo semestre 2018. La battaglia sull’ex Ilva potrebbe approdare anche nelle aule giudiziarie milanesi, con l’atto di citazione con cui ArcelorMittal chiede ai giudici di dichiarare sciolto il contratto del giugno 2017 con cui si era obbligata ad acquistare, dopo un periodo di affitto dei rami di azienda, lo stabilimento pugliese. Una causa che, se verrà coltivata fino in fondo dal colosso siderurgico franco-indiano, si radicherà a Milano per competenza territoriale.  

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