Il ricovero nel carcere dei boss

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Alfredo Cospito è arrivato ieri pomeriggio al carcere di Opera dal penitenziario di Sassari, dove ha scontato dieci anni ed è entrato da oltre cento giorni in sciopero della fame per ottenere la revoca del regime di 41-bis, il carcere duro di norma riservato ai boss della criminalità organizzata, che gli è stato applicato a maggio 2022. Il trasferimento l’ha chiesto la sua medica che teme per la perdita di peso (oltre quaranta chili), il suo avvocato ha precisato che è in "condizioni stabili" e "non accetterà somministrazioni di cibo. L’unica novità è che a Opera hanno specialisti in grado di intervenire tempestivamente in caso d’emergenza".

Nel carcere alle porte di Milano, il detenuto anarchico è stato ricoverato al Sai, "Servizio di assistenza intensificato": un reparto di cure intermedie con un centinaio di letti all’interno del penitenziario, gestito dall’Asst Santi Paolo e Carlo come tutte le cure ai detenuti nel Milanese, dunque anche a Bollate, San Vittore, al minorile Beccaria, all’Icam, Istituto a custodia attenuata per madri, e all’ospedale San Paolo. O meglio nel “Repartino“, un pezzo di carcere in ospedale che ha anche un paio di stanze attrezzate per ricoverare in regime di 41-bis. Anche se in caso di bisogno, precisano alcune fonti, prevale la tutela della salute e un detenuto al 41-bis può essere portato in altri reparti od ospedali. Comunque è al “Repartino“ che Totò Riina, il capo dei capi della mafia stragista all’epoca detenuto a Opera, venne portato d’urgenza nel marzo 2014, per un sospetto infarto che si rivelò poi un’indigestione. Un mese dopo una stanza 41-bis della palazzina separata all’interno del San Paolo accoglieva Bernardo Provenzano (nella foto), che lì avrebbe trascorso i suoi ultimi due anni, e lì sarebbe morto nel 2016. Giulia Bonezzi

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