di Simona Ballatore
Qualcuno glielo aveva sconsigliato: meglio non trattare temi così "divisivi". Ma Mario Delpini, arcivescovo di Milano, dopo avere coinvolto e ascoltato i Consigli diocesani, ha scritto nero su bianco la proposta pastorale per l’anno 202324, affrontando anche il tema dell’educazione affettiva e sessuale in famiglia, negli oratori, negli ambienti ecclesiali convinto di una cosa: "Non possiamo rinunciare a essere educatori. Non siamo perfetti, non abbiamo la verità in tasca, ma abbiamo la responsabilità di trasmettere i valori di cui siamo responsabili", anche perché gli adulti "sembrano sempre più in ritirata", "complessati". Lo spiega anche nella conferenza stampa, che ha voluto ripristinare per accompagnare l’8 settembre della Diocesi e l’apertura dell’anno pastorale: era una tradizione, ai tempi del cardinale Carlo Maria Martini; l’ultima volta fu indetta dal cardinale Dionigi Tettamanzi, nel 2010.
Si parte da una domanda: "Esiste un’alternativa al declino della società europea? Mi sembra disorientata, orientata a un suicidio, con scarso desiderio di vivere, di futuro e di speranza". Dalla guerra improvvisa che ha spaventato i bambini e i giovani, a "questo modo di lavorare che non basta ai lavoratori per vivere", senza dimenticare la "fragilità della famiglia". "Fa venire voglia di fare famiglia questa fragilità? Di desiderare di diventare madri e padri?", si interroga l’arcivescovo che affronta anche il tema della "confusione dell’orientamento affettivo", "non per dare risposta, ma per chiedere a tutti di collaborare".
Al centro l’idea dell’"individualismo diffuso, esasperato" in Europa come a Milano, che diventa "criterio di riferimento", con le scelte personali che guidano tutto lasciando "poco spazio alla reciprocità". Abbiamo un’alternativa? La domanda ricorrente. "Io non ho analisi, ma una proposta, che è un programma di lavoro. Viviamo di una vita ricevuta, un dono. Ed è un principio promettente per vivere".
Il tema dell’educazione alla sessualità è un "tema sensibile", lo sa. "Ma è una responsabilità degli educatori avere qualcosa da dire – spiega –. L’insistenza sull’identità fluida ha indotto gli educatori e i genitori alla reticenza. Su certi punti non interveniamo perché si rischia di condizionare, di forzare. Io non ho un’analisi pedagogica, ma voglio dissuadere dalla reticenza. Non è che, visto che è un tema sensibile, non diciamo niente". E ancora "non possiamo abbandonare le persone a coincidenze, emozioni, a una pressione mediatica orientata a questa fluidità dei rapporti". Nella lettera pastorale raccomanda "soprattutto l’accompagnamento". "La comunità cristiana – sottolinea – deve assumere la responsabilità di educare all’amore in tutte le dimensioni affettive, sentimentali, sessuali. La proposta educativa cristiana è chiamata a offrire l’esemplarità di persone adulte, uomini e donne che sanno accompagnare i ragazzi e le ragazze nell’imparare ad amare. È necessario offrire percorsi educativi alla libertà autentica". Andando oltre alle etichette “omosessuale“ o eterosessuale“ che "mortifica la dinamica relazionale e tende a ridurla solo a una pratica sessuale", banalizzando i rapporti. "Penso che l’antropologia cristiana parli di una vocazione a essere in relazione e alla reciprocità e di una dinamica affettiva molto diversificata".
"Percepiamo le sfide del quotidiano - sottolinea in conferenza stampa - ma come gente che ha qualcosa da dire". Condanna le violenze di genere, con le dinamiche di chi considera le "donne come proprietà". Non dimentica il disagio giovanile: "I giovani lasciati soli - conclude Delpini - finiscono per diventare un popolo di cani sciolti. E i cani sciolti prima o poi mordono. Il governo fa il suo mestiere, ma le famiglie devono essere coinvolte. Bisogna creare alleanze che vadano oltre gli interventi di repressione".