Il patto fra Londra e il Pacifico e la UE lontana

Riccardo

Riccardi

Quando Churchill affermò che lo sguardo britannico era rivolto all’Oceano anziché alla terra ferma, forse profetizzò la Brexit. L’uscita dalla UE sembra aver causato più danni che benefici. Il popolo inglese però non si arrende facilmente e lo dimostra l’attività del nuovo premier. L’adesione all’accordo transpacifico globale e progressista, dopo 21 mesi di negoziato, piazza il Regno Unito al centro di un gruppo dinamico che crede alla economia del Pacifico. Si tratta di un trattato di libero scambio tra 11 Paesi (Giappone, Australia, Brunei, Canada, Cile, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam) che rappresentano ormai il 15% del Pil mondiale. L’adesione a questo patto, secondo il premier indo-britannico Rishi Sunak, dimostra “i vantaggi economici reali della nostra libertà post-brexit”. Londra entrando nella convenzione intende divenire il jolly verso economie dinamiche a rapida crescita. Anche per motivi politici nei quali l’economia rappresenta il pilastro portante. La Cina è il maggior pericolo determinante per l’epoca. Il governo britannico che, in questi ultimi periodi ha cambiato 4 leader, ha sempre seguito il pragmatismo. La Cina prosegue la sua avanzata non solo nel suo Continente. In Africa e nelle Americhe centro sud ha già piantato molte bandierine strategiche. È presente in Europa ed è molto forte in Asia. Londra, fedele alleata ed amica, si è resa conto che lo zio Sam, pur saldo nella leadership internazionale mostra crepe nella sua democrazia. L’azione del governo è concreta. Sono continui ed avanzati i contatti con la UE. Carlo III ha visitato la Germania e, parlando in tedesco, ha gettato l’ancòra verso l’ex partner non più nemico. Che, non lo dichiara, ma crede nella Germania First. E l’Europa? Capirà che la governance significa realtà e non astrazione?

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