Il nebbione Facchetti e il Napoli

Andrea

Maietti

Pomeriggio con G. lungo l’argine deserto dell’Adda verso il Belgiardino: "Se penso

che a quest’ora – dice lei – sul lungomare di Nizza la gente si sta ubriacando di sole,

mentre noi siamo qui impastati di nebbia…". La sera le porto uno mio libro prezioso:

“Nebbia – a cura di Remo Ceserani e Umberto Eco” (Einaudi 2009). Quattrocento

pagine per un inno alla nebbia di tutta la letteratura occidentale, a partire da Omero e Virgilio.

"Prova ad aprire il libro a caso", le dico. Pag.102, Thomas Hardy: “Per la via”: “La nebbia è dolce e il vento una lira”. A me basterebbe, lei poco convinta. A lei non accende ricordi, come quello del mitico questore napoletano di Lodi Manlio Gambardella.

Mi raccontò di un Inter-Napoli a San Siro negli anni Settanta: "C’era un nebbione che non si vedeva nulla.

Di quelli che ti fanno sospirare il sole di Napoli. Si sentì nel primo tempo un grande boato: aveva segnato Boninsegna. A metà del secondo tempo un altro boato, meno forte. Chisto è del Napoli, dissi tra me. La

radiolina confermò: aveva pareggiato Totonno Juliano. Ohé, mo si sveglia Mr.

Miliardo (Savoldi), che è lombardo e nella nebbia ci vede bene.

E vinciamo pure la

partita. Forza Napoli! Niente più boati.

“Siamo ormai al novantesimo…”, gracchiò la

radiolina. Un boato più forte dei due precedenti: Madonna e San Gennaro, che è successo? “La palla è in rete. Inter in vantaggio. Ha segnato Facchetti”.

Se sei napoletano, Facchetti resta il perfido figlio della nebbia che ha fatto perdere il mio Napoli!".

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