Il killer: "É stato l’errore più grande della mia vita"

"È stato l’errore più grave della mia vita. Ho distrutto una famiglia e la mia vita, e ne pagherò le conseguenze". Lo ha detto ieri durante il suo interrogatorio in aula Edoardo Sabbatino, 58enne imputato nel processo davanti alla Corte d’Assisesull’omicidio di Donato Carbone, il 63enne ucciso il 16 ottobre 2019 con 11 colpi di pistola all’interno di un box a Cernusco sul Naviglio. Sabbatino è accusato di essere l’esecutore materiale del delitto, che sarebbe avvenuto per un regolamento di conti nell’ambito di un giro di usura. "Quando ho sparato speravo di non riuscire nel mio intento di ucciderlo", ha affermato Il 58enne. E ancora: "Non avevo mai sparato a un essere umano prima di quel momento, anche se conosco bene le armi. Quella è stata la mia prima volta". Nel processo sono coimputati anche il pregiudicato 72enne Leonardo La Grassa, ritenuto il mandante del delitto, e Giuseppe Del Bravo, 41enne bresciano accusato di concorso in omicidio aggravato, porto abusivo di arma clandestina, ricettazione in concorso.

"La Grassa era insofferente nei confronti di Carbone. È stato lui ad abbindolarmi, a coinvolgermi dentro questa storia", ha aggiunto Sabbatino rivolgendosi alla Corte, presieduta da Ilio Mannucci Pacini. Stando all’indagine dei carabinieri e del pm Maura Ripamonti, nel tardo pomeriggio del 16 ottobre 2019 Sabbatino ha seguito la vittima a bordo di un’auto rubata, nella discesa verso il suo box a Cernusco sul Naviglio. Ha sparato i primi tre colpi mentre la vittima si trovava ancora bordo della propria auto, ma la prima pistola si è inceppata, quindi ne ha sparati altri 8 con quella di scorta.

Subito dopo, insieme a Del Bravo, ha incontrato La Grassa in un bar di Cologno Monzese per consegnargli le armi, che il secondo ha nascosto gettandole in un canale dove vennero ritrovate. Si torna in aula il prossimo 10 maggio.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro