"È caduto... è caduto per terra... “dormendo“". Ride con gli amici M.E. Ride di quello che ha fatto qualche mese prima, dimostrando di non aver compreso affatto la gravità di quanto fatto. Ride del ragazzo che ha mandato in ospedale con la testa spaccata: "Gli ho dato solo un pugno ed è caduto per terra". Metà ottobre del 2020, sono passati quasi 100 giorni dal raid brutale all’Arco della Pace. Il diciannovenne parla con alcuni degli altri indagati per l’aggressione del 26 luglio e di fatto si autoaccusa, intercettato dalla Mobile, di quel gancio destro sferrato tra orecchio e mandibola. Figlio di genitori nordafricani e residente in provincia di Monza, è iscritto un’associazione pugilistica brianzola e ha disputato 8 incontri da amatore tra il 18 maggio e il 15 dicembre 2019: quattro vittorie e quattro sconfitte, lo score. Conosce bene la potenza dei colpi, sa come dosare la forza. E in effetti il suo cazzotto è stato assestato con la professionalità di un boxeur, come annota il gip Ilaria De Magistris nell’ordinanza che l’ha messo ai domiciliari: dai filmati "sono stati riconosciuti i particolari della postura tipica di un “pugile” mentre carica e sferra uno specifico tipo di colpo, denominato “gancio”, ovvero quello che solitamente viene portato da un atleta, a corta distanza, che prevede un caricamento rotatorio del busto e del braccio, e che permette di colpire con estrema potenza l’avversario". In realtà, va doverosamente aggiunto, M.E. non ha rispettato la regola più elementare dello sport che pratica, agendo con viltà: "Non si è fatto alcuno scrupolo – la sintesi del giudice – a colpire il proprio avversario “alle spalle“, sferrando uno dei colpi più offensivi (il gancio), che, come ricorda la polizia giudiziaria, costituisce pratica assolutamente condannata in qualsiasi sport da combattimento, che prevede uno scontro alla pari ...
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