Il delirio del killer contro il medico "Quell’uomo mi ha rovinato la vita"

Le dichiarazioni spontanee ai carabinieri. Fermo convalidato dal gip: Bifronte deve restare in carcere

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di Nicola Palma

"Il medico che mi ha fatto le due flebo mi ha rovinato la vita". Sono le 15.40 di martedì, Benedetto Bifronte si trova negli uffici della Sezione operativa della Compagnia dei carabinieri di San Donato Milanese. Poco meno di sei ore prima, ha aggredito a colpi di accetta il settantaseienne Giorgio Falcetto, che morirà il giorno dopo al San Raffaele per i gravissimi traumi alla testa. Pur in assenza di un difensore di fiducia, il sessantaduenne decide di rendere alcune dichiarazioni spontanee, finite ora agli atti dell’inchiesta coordinata dal pm Giovanni Polizzi: "Stamattina mi sono svegliato con un dolore al petto e avevo la pressione alta – la premessa –. Decidevo di andare al pronto soccorso dell’ospedale di San Donato Milanese e giungevo lì a bordo della mia autovettura Alfa Romeo 147 di colore blu: ero solo. Sono arrivato al pronto soccorso, però ho visto che c’era troppa gente in attesa: non mi facevo registrare e uscivo dal pronto soccorso, mi recavo verso la macchina, parcheggiata davanti all’ingresso e salivo a bordo".

È in quel momento, sempre stando alla sua versione, che Bifronte, originario del Messinese ma da tempo residente a Rozzano, vede Falcetto, "medico di cui non conosco il nome, ma che riconoscevo per quello che due anni fa mi aveva fatto due flebo, sempre presso l’ospedale di San Donato Milanese, che mi hanno causato vari e gravi problemi di salute: a causa di queste due flebo, ho sempre mal di testa e nausea". Un incontro di cui fino a ieri mattina non si era trovata traccia, ma che i successivi approfondimenti dei militari tra i referti medici archiviati in direzione sanitaria hanno alla fine intercettato: nella tarda mattinata del 2 febbraio 2021, Bifronte fu effettivamente visitato da Falcetto per un presunto "dolore toracico con dispnea" e fu dimesso con una diagnosi di cervicalgia (infiammazione delle vertebre che sorreggono collo e testa) con sindrome influenzale (non da Covid-19).

Torniamo a martedì mattina: "Il medico passava a piedi di fianco al mio veicolo, lato autista: a questo punto mi rivolgevo a lui dicendogli che stavo male, che avevo sempre mal di testa e nausea". Bifronte sostiene che Falcetto gli avrebbe risposto con un insulto. "Facevo retro per andarmene – prosegue l’assassino – ma toccavo una macchina che era dietro la mia: a questo punto, il medico di prima mi diceva che la macchina toccata era la sua". La discussione riparte: "Io ero tranquillo, ma il medico era agitato. Viste le male parole che il medico mi diceva, ho pensato a tutto quello che mi aveva fatto, perdevo la testa. Tornavo alla macchina, aprivo il bagagliaio posteriore e da qui prendevo un’accetta, di piccole dimensioni, con cui colpivo il medico sulla fronte". E poi? Bifronte dice di essere scappato per sfuggire al linciaggio di "diverse persone che mi volevano ammazzare" e di aver "gettato l’accetta dentro un tombino, sempre a San Donato" (in realtà è stata ritrovata, su sua successiva indicazione, nell’intercapedine del vano scale delle cantine di uno stabile di Rozzano). Ieri il sessantaduenne non ha ripetuto quanto detto tre giorni fa, avvalendosi della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio: il gip ha convalidato il fermo per omicidio e disposto la custodia cautelare in carcere.

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