Il coraggio di togliere il velo dell’oppressione

Maria Rita

Parsi

Si è tolta il velo dalla testa. L’ha fatto Gouhar Eshghi, che ha indossato l’hijab per tutta la sua lunga, dolorosa vita. Una vita di lavoro e di servizi

domestici altrui, tragicamente segnata, nel 2012, anche dalla morte del figlio Sattar, incarcerato, torturato ed ucciso dalla polizia “morale” iraniana perché era un blogger di opposizione che denunciava apertamente i crimini del

governo Khamenei. Eshghi si è seduta sul tappeto della sua poverissima e disadorna casa e, in un video si è tolta dalla testa il velo dell’oppressione. Per poi dichiarare,con il ritratto del figlio Sattar in primo piano, che non si può uccidere in nome di una religione. E che sono dei codardi quelli che non scendono in piazza per far

cessare un simile, orrorifico, corrotto governo. Un governo che ha decretato e decreta la morte di tanti studenti e studentesse che si ribellano. Un governo che, anzitutto e soprattutto, ha decretato l’atroce fine di quelle ragazze, picchiate, arrestate,torturare, uccise come Masha Amini, anche soltanto perché un suo

ricciolo usciva fuori dal velo! E, in nome delle quali tante altre ragazze iraniane- e, altrettante nel mondo!- si tagliano ogni giorno i capelli. Scendere in

piazza, dunque, è necessario per denunciare l’ipocrisia di un regime che ha costretto la giovane atleta Elnaz Rekabi, reduce dai trionfi sportivi di

Seul, a tornare a Theran, dichiarando che l’assenza del velo durante le gare era

stato soltanto un “involontario errore”. Tutto questo per evitare, se possibile, l’incubo, per lei e per la sua famiglia,

d’essere perseguitati,torturati, uccisi. E, ancora, scendere in piazza per sostenere la protesta dei giovani che, nelle università iraniane, vengono

arrestati allorquando rifiutano il tabù, imposto dal regine di Khamenei, che esige, nelle classi e nelle mense, la separazione dei maschi dalle femmine. Scendere in piazza, infine, per contrastare la complicità di un regime che

offende “l’intelligenza spirituale” del mondo.

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