I soldi di Fontana in Svizzera, rogatoria respinta

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Nessun aiuto. È stata rigettata dalla Svizzera la rogatoria della Procura milanese relativa alle indagini sui conti esteri del presidente della Lombardia, Attilio Fontana. Il numero uno della Regione è indagato per autoriciclaggio e falso nella “voluntary disclosure“ in relazione ai 5,3 milioni di euro depositati sul conto di una banca di Lugano (soldi che erano stati fatti “rientrare“ senza danni nel 2015).

Il tesoretto era stato scoperto nell’ambito del procedimento sulla commessa di 75mila camici forniti alla Regione da Dama, azienda di Andrea Dini, cognato di Fontana. Il presidente lombardo si è sempre difeso argomentando che il denaro fosse dell’anziana madre Giovanna Maria Brunella, deceduta nel 2015, e la cui firma appare al termine del documento di collaborazione volontaria. La Procura, invece, ritiene che il denaro non sia compatibile con l’attività della donna, titolare di uno studio dentistico.

Non solo, secondo gli inquirenti la firma apposta sul documento non sarebbe genuina. L’analisi grafologica della procura, infatti, avrebbe evidenziato “la falsità della firma apposta”. La Svizzera ha però rigettato la richiesta di assistenza giudiziaria rivoltale dalla magistratura milanese, perché il reato di evasione fiscale (ormai prescritto) non è riconosciuto dall’ordinamento elvetico. Senza questi riscontri, però, l’indagine su Fontana potrebbe ora imboccare un vicolo cieco e ritrovarsi sulla strada di una possibile archiviazione.

Quei soldi erano custoditi in un conto svizzero che dal 1997 e fino allo scudo fiscale erano stati gestiti da una fiduciaria milanese e tenuti in un doppio trust alle Bahamas. I pm Paolo Filippini, Carlo Scalas e Luigi Furno inviarono la richiesta di rogatoria alle autorità di Lugano che ora l’hanno respinta. Fin dall’inizio, Fontana ha sostenuto che il denaro fosse di proprietà della madre che è poi morta nel 2015. Le analisi della Procura hanno però evidenziato “la falsità della firma” e proprio per questo motivo era stata richiesta la documentazione in Svizzera. Per le autorità elvetiche però, come detto il reato di evasione fiscale non è riconosciuto sufficiente per approvare la richiesta dei magistrati. Intanto il prossimo 18 marzo si svolgerà, davanti al giudice dell’udienza preliminare Chiara Valori, l’udienza per il caso camici.

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