Bettino Craxi? "Un capro espiatorio". I magistrati del pool "li vedevo avanzare in Galleria Vittorio Emanuele a Milano e mi facevano ridere, non volevano colpire i corrotti ma addirittura sconfiggere la corruzione". I politici di oggi? "Per lo più personaggi molto modesti". Paolo Pillitteri, superato il giro di boa degli 81 anni, guarda all’Italia a cavallo fra gli anni ‘80 e ‘90, terremotata da Tangentopoli, fino al presente. Socialista e cognato di Craxi, sindaco di Milano dal 1986 al 1992, dell’epoca di Mani pulite conserva anche una condanna per ricettazione. Dalla conquista del potere alla fuga ad Hammamet, che cosa rimane della figura di Craxi? "Craxi era un milanese doc, che ha reso grande la nostra città senza essere mai campanilista. A soli 22 anni entrò in Consiglio comunale, più tardi divenne assessore all’Economato. Io all’epoca facevo cinema. A presentarmi Craxi fu Tognoli (sindaco di Milano dal 1976 al 1986, ndr), che mi accompagnò nel suo ufficio. Uscì Craxi, un omone, e mi disse: “Ma fu cosa stai facendo”? Io, mostrando la cinepresa, ho risposto che per me il cinema è tutto. Lui rispose: “Voi non capite un c...La politica è tutto”. Così nacque la mia conoscenza con lui, un uomo spiccio e di poche parole. Un grande politico". Un politico divenuto il simbolo negativo, per le sue vicende giudiziarie, di Tangentopoli. "È evidente che volevano farlo fuori. La Democrazia cristiana aveva meno colpe? I comunisti non prendevano tangenti? La mancata difesa di Craxi fu fatale, perché i partiti non difesero la loro storia. Fu fatta fuori la classe politica che aveva tirato su il Paese dal dopoguerra". Molti imprenditori sostenevano che la corruzione era quasi un fatto ineluttabile. Verità o autoassoluzione? "Il rapporto fra politici e imprenditori era autonomo. Poi capitava che un imprenditore desse una mano a un politico amico per la campagna elettorale, ...
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