I no pass concordano il tragitto Poi parte il corteo selvaggio

Blitz in via Galilei: in testa anche gli anarchici. In coda il caos tra Arco e Duomo: un fermato

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MILANO

di Giulia Bonezzi e Nicola Palma

Fino alle sette di sera, quando il quindicesimo corteo dei No green pass, per la prima volta preavvisato alla Questura, si è spaccato e alcune migliaia di manifestanti hanno deviato dal percorso concordato tentando (senza riuscirci) di raggiungere il palazzo della Regione, quello di ieri a Milano era sembrato un sabato quasi diverso. Invece è finito come le altre volte in una maionese impazzita, con gli stessi manifestanti che una volta raggiunta la meta stabilita sono ripartiti procedendo a caso, bloccando auto e tram e costringendo le forze dell’ordine a rincorrerli per svariati chilometri e a blindare di volta in volta le strade che portavano a Brera. In marcia erano circa cinquemila, meno di metà della capacità massima raggiunta dalla protesta acefala diventata appuntamento settimanale per i negazionisti a vario titolo della pandemia. Altra novità la partenza, polarizzata tra due centri di gravità: la consueta piazza Fontana e piazza Duomo, dov’era convocato il “No Paura Day-Primum non nocere” con l’annunciata partecipazione straordinaria dell’ex leader dei portuali di Trieste Stefano Puzzer (che alla fine non si è presentato). Peccato che il pubblico, tra mille e duemila persone a seconda del volume della pioggia, sia stato in buona parte “scippato” verso le sei meno un quarto, al passaggio del corteo, tra reciproci applausi e inviti ("Insieme, insieme!").

Intanto, sotto i portici dell’Arengario, un videomaker della trasmissione "Tagadà" di La7 viene aggredito da un uomo con insulti, calci e sputi: "Dovete andarvene". Il corteo prende via Santa Margherita, sfila senza deragliare davanti a una piazza Scala blindata lanciando insulti al sindaco Beppe Sala (già minacciato sulle chat Telegram) e prosegue in via Manzoni, seguendo il tragitto condiviso con via Fatebenefratelli; in piazza Cavour si uniscono i “daspati” (che hanno il divieto di andare in piazza Fontana e in alcune aree del centro). In testa si riconosce l’ex di Forza Nuova Marco Mantovani (già indagato per manifestazione non autorizzata in un corteo precedente e di nuovo in strada dopo che il Tar gli ha sospeso in via cautelare il Daspo), ma è dalla pancia del serpentone che verso le 19, in viale Monte Santo, un grosso gruppo di manifestanti, capeggiato pure dal solito manipolo di anarchici e marxisti-leninisti (una trentina in totale quelli avvistati, quasi tutti di Milano tranne un paio dal Varesotto), devia in via Galilei, sfonda un cordone di carabinieri e inizia a correre tra le auto in viale della Liberazione. Le camionette si riposizionano bloccando le strade verso la Regione: i fuoriusciti sembrano voler imboccare il tunnel che porta alla stazione Garibaldi, ma poi svoltano a sinistra in via Gioia per ricongiungersi agli altri rimasti in attesa prima dell’arrivo in piazza XXV Aprile. In capo a un’ora, i no green pass arrivano alla destinazione concordata, sotto la sede Rai in corso Sempione. E sembra finita lì, come peraltro alcuni rappresentanti dell’ala "dialogante" comunicano ai funzionari dell’ordine pubblico: "Per noi si chiude qui". Dopo venti minuti di presidio, però, i negazionisti ripartono: tentano di deviare in via Moscati, ma vengono bloccati; prendono allora la direzione dell’Arco della Pace, puntano verso Pagano (davanti, tra gli altri, l’ex candidato sindaco di Italexit Gianluigi Paragone, tra i più "attivi") e vengono di nuovo respinti (fermato un ragazzo col tricolore sulle spalle).

Improvvisano una gimkana tra via Cesariano e via Canonica, bloccano i tram in via Legnano e girano dietro il Piccolo. Alle nove di sera camminano in corso Garibaldi. Senza una meta apparente, solo per creare disagi a chi non sta dalla loro parte, come da tre mesi a questa parte. Poi gli ultimi slogan in piazza Duomo (dove un’altra troupe viene circondata e aggredita verbalmente), a chiudere l’ennesimo sabato di caos.