I mille saluti romani per Ramelli Meloni: "È un gesto anti-storico"

Corteo dell’estrema destra, poi la chiamata del "presente" in via Paladini. In piazza nessun esponente di FdI

Migration

di Nicola Palma

A gruppi di quaranta si posizionano davanti al murale che ricorda Sergio Ramelli. Un’operazione che va avanti per circa mezz’ora per stipare un migliaio di persone in via Paladini, chiusa in fondo dalle camionette della polizia. Alle 21.20, la chiamata del "presente". Per tre volte, viene scandito il nome (preceduto dalla parola "camerata") del diciottenne del Fronte della Gioventù aggredito proprio lì la sera del 13 marzo 1975 da un commando di Avaguardia Operaia e morto dopo 47 giorni di agonia all’Ospedale Maggiore. E per tre volte scatta il saluto romano di massa.

La più prevedibile delle conclusioni per il corteo commemorativo che ieri sera ha percorso 700 metri del quartiere Città Studi, con partenza da piazzale Gorini dietro lo striscione "Onore ai camerati caduti". Un corteo arrivato dopo tre 29 aprile di fila trascorsi tra presìdi statici più o meno rispettati (nel 2019 e nel 2021) e sanzioni ai quattro che si presentarono in pieno lockdown nel 2020 per deporre una corona di fiori. Un corteo con una serie di rigide prescrizioni da rispettare, decise dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza presieduto dal prefetto Renato Saccone: niente vessilli che richiamassero il Ventennio o la Repubblica di Salò, niente marce in stile militare e niente tamburi a dettare l’incedere dei neofascisti. In effetti in strada si vedono soltanto bandiere tricolore e fiaccole, distribuite ai militanti che chiudono su entrambi i lati file di cinque-sei persone. In testa, tra gli altri, c’è Francesco Polacchi, editore di Altaforte condannato in primo grado a un anno per il raid di Palazzo Marino nel 2017, a dettare i tempi della manifestazione. Nella pancia del serpentone nero, tra gli spezzoni che fanno riferimento alle varie anime della galassia dell’estrema destra (CasaPound, Lealta-Azione ed ex Forza Nuova), non mancano Gianluca Iannone, storico leader romano delle "tartarughe", Duilio Canu e Stefano Del Miglio. I più attenti notano anche due vecchie conoscenze della politica milanese: l’ex parlamentare Massimo Corsaro e l’ex vicepresidente del Consiglio comunale Stefano Di Martino. All’angolo con via Arnò, a osservare la sfilata silenziosa, c’è pure una storica militante missina in carrozzina di 94 anni, accompagnata lì dal figlio.

Oltre alle presenze, ci sono pure le assenze: quelle degli esponenti di Fratelli d’Italia, ufficializzate qualche ora prima dalla leader nazionale Giorgia Meloni, in città per dare il via alla tre giorni di conferenza programmatica al Mico di via Gattamelata. "Noi non andremo alla manifestazione di stasera (ieri, ndr), come tutti sanno. Noi non abbiamo dato assolutamente indicazioni di partecipare. Questa è la nostra manifestazione", la precisazione a metà mattinata, al termine della cerimonia ufficiale nei giardini di via Pinturicchio. E i saluti romani? "L’ho detto tante volte, secondo me sono antistorici".

Non la pensano così in via Paladini: a un’ora dall’inizio del corteo, va in scena il solito rituale. La chiamata dell’attenti, il nome di Ramelli e la risposta "presente" con il braccio destro teso. Dai balconi, i residenti osservano, e una di loro si lascia scappare una frase che in pochi colgono: "Fascisti di m.". Da quel momento, il ricordo di Ramelli nel 47° anniversario della sua morte diventa ancora una volta materia per gli accertamenti investigativi degli agenti di Digos e Scientifica, che hanno monitorato l’iniziativa passo dopo passo per identificare il maggior numero di partecipanti, in vista delle denunce che nei prossimi giorni arriveranno puntuali sul tavolo del capo del pool Antiterrorismo Alberto Nobili. Come ogni anno.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro