"Ho imparato a vivere senza mano. Dagli anni ’70 non è cambiato nulla"

La scossa all’età di 24 anni e la lotta per il lavoro "Per risparmiare sui costi hanno rovinato la mia vita"

Vincenzo Mazza

Vincenzo Mazza

 

Il ricordo di Vincenzo Mazza torna al 1978 quando, all’età di 24 anni, a causa di un infortunio nella ditta metalmeccanica di Pero dove aveva trovato lavoro appena terminato il servizio militare ha perso per sempre l’uso della mano destra. "Da allora non è cambiato niente – è la considerazione amara – e i rischi sul lavoro, dovuti a negligenza e carenze nella sicurezza, sono gli stessi degli anni ’70".

Come è avvenuto il suo infortunio?

"L’azienda, per ridurre i costi, aveva incaricato me e un collega della manutenzione della cabina elettrica, prima affidata a tecnici Enel. Per me, operaio assunto da poco, era la prima volta. Ho visto un condensatore sporco e impolverato a tre metri di altezza e mi sono arrampicato con uno straccio per pulirlo. La corrente non era stata tolta, ho preso una forte scossa e sono caduto a terra, folgorato. I colleghi, dopo aver effettuato la respirazione bocca a bocca, mi hanno portato in ospedale. Avevo la mano destra carbonizzata, oltre all’avambraccio e al polso in necrosi. Hanno dovuto amputare tre dita, mentre le altre due sono rimaste paralizzate, come un uncino. Ed è iniziato il mio calvario. Otto interventi di chirurgia plastica, e la lunga riabilitazione per imparare a vivere con una mano sola, senza poter più fare il mio lavoro. È servito tanto tempo anche solo per trovare il coraggio di guardare la mano. Ancora adesso mi fa male, la sento stringere come in una morsa".

L’azienda l’ha ricollocata, dopo l’infortunio?

"Dopo 15 mesi sono rientrato al lavoro, ma mi sono accorto subito che per l’azienda ero un peso. Facevo qualche commissione, lavoravo come fattorino. Presto mi hanno offerto cinque mensilità in cambio del mio licenziamento, e ho accettato. C’è stato anche un processo, ma dall’azienda non ho ricevuto alcun risarcimento. Tramite il collocamento obbligatorio degli invalidi sono riuscito a entrare alla Olivetti, dove sono rimasto fino alla pensione, seguendo tutte le vicissitudini dell’azienda, i vari passaggi di proprietà e le battaglie per il lavoro".

Di che cosa di occupava?

"All’inizio lavoravo al centralino, poi sono passato all’assistenza da remoto sui guasti ai pc. Intanto mi sono sposato, ho avuto un figlio e sono diventato nonno. In parallelo ho sempre svolto attività con l’Anmil. Quando sento che una persona muore o si fa male sul lavoro provo dolore e rabbia, perché gli anni sono passati ma non cambia nulla".

Che cosa servirebbe per invertire la rotta?

"Il problema è che si lavora in fretta, si punta sempre a tagliare i costi, le leggi vengono ignorate. Quando passo in un cantiere e vedo operai che lavorano senza casco o imbragature mi fermo e mostro loro la mia mano. Racconto che sono bastati pochi minuti, alle 9 di quella mattina, per avere la vita rovinata per sempre".

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