Guido Galli, l’inchiesta pagata col sangue

Il giudice ucciso da Prima linea nel 1980. Esplosivi, inneschi e terrorismo: dal Csm gli appunti inediti

L'omicidio di Guido Galli

L'omicidio di Guido Galli

Milamno, 21 marzo 2018 - Un agguato davanti all’aula 309 dell’Università Statale di Milano. Tre colpi di pistola calibro 38, esplosi contro il magistrato e docente di criminologia Guido Galli, ucciso da un commando di Prima Linea alle 16.50 del 19 marzo 1980. Pochi mesi prima, l’11 settembre 1979, Galli aveva firmato l’ordinanza di rinvio a giudizio del terrorista Corrado Alunni, arrestato la sera del 13 settembre 1978 nel covo di via Negroli a Milano, e di altri esponenti di spicco dell’organizzazione. Atto con cui, forse, ha scritto anche la propria condanna a morte, eseguita pochi giorni prima che si aprisse il maxi-processo.

Nell’ordinanza il giudice istruttore Galli aveva evidenziato la pericolosità di una «struttura organizzativa estremamente seria», mettendo nero su bianco che a giustificare il rinvio a giudizio di Alunni, ritenuto dall’allora pm di Milano Armando Spataro il «capo carismatico della banda», sono sufficienti «i verbali di perquisizione di quanto rinvenuto e sequestrato in via Negroli e in via Melzo, gli scritti di suo pugno relativi all’organizzazione e all’ideologia della banda (...) la sua accertata partecipazione sistematicamente caratterizzata da precisione, freddezza ed inesorabilità in tutta una serie di episodi criminosi rivendicati dalla banda armata». Una serie di reati, dalla rapine per autofinanziarsi al possesso di armi, dai tentati omicidi alle devastazioni, che «esistono solo perché esistono quelle bande armate». Gli atti, che documentano il lungo lavoro del giudice nato a Bergamo il 28 giugno 1932 nella lotta contro il terrorismo negli Anni di piombo, sono stati resi pubblici dal Csm 38 anni dopo l’omicidio, per ricordare la figura di un «magistrato capace e integerrimo, un fine giurista». Tra le eredità, quindi, l’indagine che portò all’arresto di Corrado Alunni e di altri esponenti dell’organizzazione, alla scoperta del «centro organizzativo sul triangolo Milano-Varese-Bologna», dei covi e di un arsenale di armi e munizioni, «documentazione ideologica di associazioni sovversive, volantini, pubblicazioni di Prima Linea e della Formazioni Comuniste Combattenti». E poi quaderni contenenti «istruzioni, a livello tanto micidiale quanto sostanzialmente artigianale» nell’uso di esplosivi «per una gamma di svariatissimi attentati». Manuali che, scrive Guido Galli nel provvedimento, «non sono né una esercitazione accademica né il prodotto di una scampagnata ideologica in un momento di esaltazione giovanile (...) siamo di fronte a un piano lucido, dalle proporzioni che soltanto una desolata assuefazione può far trascorrere come un episodio tra i tanti».

Il magistrato evidenzia, inoltre, che «gli scritti degli imputati detenuti non rappresentano certo tardivi ripensamenti ma l’insistita riaffermazione, con palesi punte di compiacimento, di una scelta ideologica-operativa». Galli fu ucciso anche per queste inchieste, da un’organizzazione che colpì personalità riformiste e garantiste. Il delitto non rimase senza colpevoli, perché le indagini portarono all’apertura di un maxi-processo con al centro anche l’omicidio di Emilio Alessandrini, magistrato assassinato a Milano il 29 gennaio 1979 da un commando di Prima Linea. Furono condannati per il delitto Galli gli esecutori materiali (Sergio Segio, Maurice Bignami, Michele Viscardi, Franco Albesano) e altre persone coinvolte a vario titolo, Susanna Ronconi, Roberto Rosso, Silveria Russo, Giulia Borrelli, Fiammetta Bertani, Aurelio Gambini, Vincenza Fioroni e Giorgio Beretta.

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