Grane e polemiche alla Scala, poi il divorzio

L’acquisto di quattro opere da Salisburgo misero in dubbio la nomina prima del percorso a ostacoli

Alla Scala, le polemiche si erano scatenate ancor prima del suo arrivo. E allo stesso modo hanno accompagnato il lungo addio a Milano, anticipato nel settembre 2019 dal nuovo incarico al Maggio. La rocambolesca avventura di Alexander Pereira al Piermarini, peraltro segnata da un boom di incassi da sponsor e da un aumento delle produzioni, è iniziata nel 2014, da consulente esterno in attesa di subentrare a Stéphane Lissner. A marzo inizia a circolare un’indiscrezione: la Scala ha acquistato quattro opere dal Festival di Salisburgo. Cosa c’è di strano? Che in quel momento l’intendente della kermesse d’opera più celebre al mondo è proprio il viennese. Tradotto: Pereira ha comprato da Pereira, senza avere né budget né potere di firma.

La nomina torna in bilico, tanto che l’allora sindaco Giuliano Pisapia ne valuta il possibile licenziamento. Sarà proprio il sovrintendente in pectore a trovare la soluzione: resto solo un anno e mezzo per gestire la maxi stagione di Expo e mi dimetto al termine dell’evento. Qualche mese dopo, però, Pereira strappa dal nuovo Cda la riconferma per 5 anni. E siamo al 2019: la scadenza è nel 2020, ma lui sogna un quinquennio-bis. Peccato che ci sia un’altra grana dietro l’angolo: quella dell’accordo con l’Arabia Saudita per un contributo da 15 milioni in cambio di un posto nel Cda del Piermarini. Scoppia la bufera: Pereira resta solo, ma prova a resistere. Alla fine, il Consiglio d’amministrazione decide di annullare l’intesa e di restituire a Ryad i 3,1 milioni già versati. E Pereira? Si salva, ma solo per un anno. Di rinnovo non si parlerà più.

Nicola Palma

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