Giacinto-Ribot e il gelato dell’interista

Andrea

Maietti

Diciotto luglio 2022: avrebbe compiuto ottant’anni Giacinto Magno Facchetti. Quella sera del 12 maggio 1965 ero prefetto al Collegio San Carlo di Milano. Il televisore in bianco e nero nella saletta-ricreazione dei liceali per Inter-Liverpool. Accanto a me da una parte il mite alunno Marzorati, interista; dall’altra il ciuffo perfido del milanista Tenconi. Manca un quarto d’ora alla fine. Picchi recupera palla e appoggia per lo scatto di Mazzola. Il barbisino porge al volo per Corso, che indugia. Quel genio aspetta Giacinto. Ribot (così lo chiamava Brera) erompe d’incanto nell’inquadratura TV, con un passo tra Riva e Berruti. No, è qualcosa di più: un cavaliere senza macchia e senza paura, lanciato a fare giustizia. Corso calibra un invito più acquolinoso del gelato che sta colando sulla mano di Marzorati. Giacinto riceve la palla sul destro: l’impatto è una sorta di stop-dribbling che lo libera al limite dell’area. Nessuno vede il proietto, soltanto la rete che si solleva come un tramaglio squarciato da uno storione. Marzorati non è riuscito a spiaccicare sillaba. Ha guardato il resto del suo gelato rivoleggiante giù dalla parigina. L’ha portato alla bocca, poi, come trafitto da una voglia da chissà quanto repressa, ha ficcato il cono tra le labbra stirate del compagno Tenconi. "Marzorati, che fai!", ho finto di rimproverarlo. Tenconi si è asciugato con un fazzolettino di carta il viso impiastricciato. "Va tutto bene, prefetto – bofonchiò -. Ci fosse stato il Milan, io a Marzorati il gelato non Le dico dove glielo avrei ficcato!".

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