Niccolò Ghedini, tra politica e legge: dal Fronte della Gioventù all'Utilizzatore finale

Storia di uno degli avvocati più fidati di Berlusconi: che iniziò la carriera forense negli anni 80 con gli omicidi targati "Ludwig"

Niccolò Ghedini

Niccolò Ghedini

Milano - Di avvocati che fece eleggere in Parlamento, Silvio Berlusconi ne ha avuti diversi nella sua lunga carriera di imputato, professori come Gaetano Pecorella e Piero Longo, per far due nomi. Ma Niccolò Ghedini, scomparso ieri  a 62 anni, era stato l’unico ad assumere, nel corso degli anni, un ruolo di politico a tutto tondo a fianco dell’ex premier, ben oltre l’immagine e l’impegno del penalista.

Un collaboratore e un amico oltre che ormai storico avvocato dell’ex Cavaliere, al punto di rischiare per lui anche l’accusa (poi  archiviata) di aver testimoniato falsamente a suo favore in uno dei processi "Ruby".

Ghedini, padovano, allievo e poi socio di studio del professor Longo, è morto ieri sera a 62 anni nell’ospedale San Raffaele di Milano per le complicanze di una leucemia, dopo un trapianto di midollo eseguito nei mesi scorsi. «Non ci sembra possibile ma purtroppo è così - è stato il ricordo commosso del presidente di Forza Italia, tra i primi ad annunciarlo sui social - Il nostro dolore è grande, immenso, quasi non possiamo crederci: tre giorni fa abbiamo lavorato ancora insieme». Quindi l’addio a «un grande, carissimo amico, un professionista eccezionale, colto e intelligentissimo, di una generosità infinita».

Cordoglio anche dalla presidente del Senato, Elisabetta Casellati e sua concittadina: «Una mente arguta e sottile, un giurista raffinato e combattente, un politico di altri tempi, un uomo dall’etica autentica», lo definisce la seconda carica dello Stato, aggiungendo un personalissimo «Non ti dimenticherò mai». 

Nato nel 1959 a Padova e laureato in giurisprudenza a Ferrara, Ghedini aveva seguito le orme del padre Giuseppe, noto penalista padovano. Negli anni '80 partecipò alla difesa di Marco Furlan, insieme a Wolfgang Abel responsabile di una serie di omicidi firmati collettivamente come “Ludwig“, a loro dire per ripulire il mondo da tutto ciò che risultava “deviato”: prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti “peccaminosi”, discoteche e sale cinematografiche a luci rosse. 

L’esordio in politica, per Ghedini, già da giovanissimo nel Fronte della gioventù che faceva capo al Movimento sociale italiano, in un contesto storico di estrema tensione tra rossi e neri intorno all’università patavina. Poi il passaggio al Partito liberale e più tardi la vicinanza a Forza Italia e al Cavaliere. 

Da difensore è sua l’espressione «utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile», coniata per sostenere la tesi che l’ex premier non era perseguibile nei processi sui rapporti con le escort a Palazzo Grazioli e in Sardegna.

Assiduo, nelle interminabili udienze a Palazzo di giustizia di Milano, dove quel suo sorriso un po’ sghembo ne faceva immaginare chissà quale aggressività molto temperata, invece, da una qualche forma di timidezza

Nelle file del partito azzurro, Ghedini è stato eletto nel 2001 alla Camera e poi altre tre volte, fino all’ultima legislatura, alternando lo scranno di deputato a quello di senatore. Nel 2014 entrò nel comitato di presidenza di FI e due anni dopo prese le redini del partito affiancato da Gianni Letta, durante la convalescenza del Cav operato al cuore.

 

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