Gallerista trovato morto seminudo: "ragazzi di vita" sospettati. Poi archiviato tutto

Il cadavere di Renato Degni scoperto nella sua casa al Gratosoglio: legati mani e piedi con strisce di lenzuolo, nei locali segni di rapina. Le indagini p ortano a ragazzi romeni che però negano l’omicidio

Il Giorno 15 gennaio 1998, Renato Degni gallerista assassinato

Il Giorno 15 gennaio 1998, Renato Degni gallerista assassinato

Quel silenzio è lungo, troppo lungo, anche per una persona riservata e gelosa fino alla diffidenza del privato e della sua casa. Renato Degni ha sessantasei anni. Abruzzese di Canistro, piccolo borgo della Marsica, maestro elementare e sindaco di Civita d’Antino, dà un colpo di barra alla vita con il trasferimento a Milano. Insegna in una scuola a Linate. In una galleria di Brera nasce la passione per l’arte. Apre una galleria prima in via Fontana, poi in via Fogazzaro, alla Rotonda della Besana. Anche l’attico dove vive, in via Nicola Romeo, al Gratosoglio, è uno scrigno di cose belle, quadri, mobili di antiquariato, orologi antichi.

Trovato morto dopo due settimane

Le 9.40 del 14 gennaio 1998. I vigili del fuoco sfondano la finestra del bagno. Operazione inutile perché la porta di servizio, che dà sulla cucina, era aperta. Il riscaldamento è staccato. Degni è sul letto, ha indosso solo una maglietta e gli slip. Un piumone lo copre dalla vita in giù. Strisce di un lenzuolo azzurro gli legano i polsi dietro la schiena e le caviglie. Un’altra striscia è avvolta attorno al collo. Una grossa macchia rossastra si allarga all’altezza delle costole. E’ morto da due settimane e mezzo. Nella lavastoviglie nove piatti e nove posate puliti. Nella pattumiera uno scontrino da 64mila lire dell’Esselunga con la data del 27 dicembre e tre gusci d’uovo. C’è stata una cena, anzi un cenone. Una copia di un giornale del 27 dicembre e un’altra del 28. Nel salotto un cassetto rovesciato, tanti oggetti sparpagliati a terra. Da una vetrina sono spariti alcuni orologi. Mancano il borsello e il cellulare Motorola.

La pista dei ragazzi di vita romeni

I tabulati telefonici indicano ai carabinieri una pista precisa. Sono ragazzi di vita romeni, hanno fra i venti e in trent’anni, qualche lavoro saltuario e l’amore venduto a quelli che li cercano alla Centrale, nel buio complice di qualche cinema porno, nei bar attorno al Cimitero Monumentale. Leonid è uno del giro anche se è romeno. Fa il nome di Vasile, un romeno che potrebbe raccontare cose. Leonid l’ha incontrato in un cinema la sera del 27 dicembre, l’ha visto sfoggiare vestiti nuovi e l’ha sentito vantarsi di un cellulare Motorola di ultima generazione. Vasile gli aveva telefonato la sera di Natale. La chiamata c’è ma è partita dal cellulare di Degni. Il sostituto procuratore Piercamillo Davigo iscrive Vasile nel registro degli indagati. Il 22 gennaio Vasile si presenta al Comando carabinieri di via Moscova accompagnato da un avvocato. Ammette la conoscenza con Degni.

La ricostruzione

Ammette i giorni e notti goderecci, dal 24 dicembre, il professore, lui e Catalin, Nicu e Sorin: grande abbuffata, televisione, musica, un vhs del Padrino, poker, il letto caldo. Fino alla sera di Santo Stefano: il professore li ha accompagnati in Porta Romana sulla sua Peugeot e salutati con la promessa di un nuovo invito a breve. Quando tornano ad aggirarsi negli androni della Centrale, Vasile e gli altri raccontano quel Natale memorabile a Dumitru, un amico più anziano che in Romania si è fatto vent’anni per omicidio. Vasile lo rivede la mattina del 30 dicembre. Dumitru si mostra preoccupato.

La confessione

E’ successo che due giorni prima Nicu e Sorin hanno avuto la bella pensata di farsi vedere in Centrale con due borsoni gonfi di argenteria. Hanno picchiato l’"uomo con la barba", lo hanno legato mani e piedi e quando hanno visto che perdeva sangue dalla bocca lo hanno imbavagliato anche per impedirgli di gridare. La refurtiva è stata piazzata da un certo Marius a un ricettatore di Verona per due milioni di lire. Il racconto ha una sua logica, ma i carabinieri non mollano la presa sul giovane romeno, che cambia versione, s’innervosisce, piange e alla fine confessa. Ha trascorso nell’appartamento di Degni anche la giornata di Santo Stefano perché il professore aveva chiesto soltanto a lui di rimanere. Si è trattenuto fino al pomeriggio del 27. Ha inventato tutta la storia perché temeva di essere sospettato per essere rimasto solo con la vittima. Ma non ha ucciso. Gli credono e non lo fermano. Anche perché è venuta a galla la testimonianza di un altro romeno del giro. Si chiama Claudiu e ha raccontato di avere incontrato Nicu, Sorin e Marius il 30 dicembre alla Caritas di Mestre. I tre, brilli, gli hanno confidato di una rapina finita male che ha fruttato solo i due milioni portati a casa da Marius.

Il movente

I ragazzi romeni si smaterializzano. Il movente resta sepolto nell’appartamento-museo. Finiti chissà dove l’argenteria e il telefonino. Il fascicolo Degni va in archivio.

 

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