Addio Fujitsu, 190 posti a rischio a Milano

La multinazionale si riorganizza: chiusura per la sede di Milano

Nella sede aperta vent’anni fa nel Centro Leoni lavorano 190 persone impegnate in progettazione, assistenza, installazione e vendite

Nella sede aperta vent’anni fa nel Centro Leoni lavorano 190 persone impegnate in progettazione, assistenza, installazione e vendite

Milano, 5 marzo 2019 - Oltre 190 tecnici e impiegati milanesi con il fiato sospeso, pronti a dare battaglia. Il loro posto di lavoro è in bilico per il piano di riorganizzazione globale della multinazionale Fujitsu Tecnology Solution, che secondo i sindacati si prepara a dare l’addio all’Italia. La conseguenza sarebbe la chiusura della sede romana e del quartier generale milanese all’interno del Centro Leoni, in via Spadolini, dove lavorano circa 190 persone impegnate nell’assistenza clienti, nella progettazione, installazione e manutenzione di prodotti che vanno dai climatizzatori fino ai software e ai complessi sistemi informatici. Domani si riuniranno in assemblea in via Spadolini, per decidere le prossime mosse nella corsa contro il tempo per aprire una trattativa con la multinazionale giapponese.

Il piano di riorganizzazione globale prevederebbe il declassamento dei Paesi dell’area Sud Europa, tra cui l’Italia. La decisione, anticipata nei mesi scorsi ai rappresentanti del Comitato aziendale europeo, è stata ufficializzata ieri. La presenza diretta di Fujitsu verrà concentrata nei Paesi considerati adatti a supportare la crescita, mentre negli altri avverrà una uscita graduale con passaggio al modello operativo indiretto, basato sulla rivendita di prodotti attraverso partner. Le attività che ora vengono svolte nella sede aperta vent’anni fa a Milano verrebbero affidate, in sostanza, a società esterne. E per i dipendenti scatterebbe il licenziamento collettivo. «È l’ennesima dimostrazione che in assenza di una strategia industriale del sistema Paese - osserva il segretario generale della Fim Cisl milanese, Christian Gambarelli - le multinazionali, anche quelle tecnologiche come Fujitsu, scelgono di andarsene perché ritengono che il mercato italiano non sia più affidabile e credibile. È tempo che si costituisca un tavolo generale di crisi per il rilancio degli investimenti e per salvaguardare la presenza delle grandi società e delle professionalità del nostro Paese».

Il processo di riorganizzazione inizierà ad aprile e procederà gradualmente per fasi, con il management impegnato a concordare un piano di uscita al momento tutto da definire. Lo scorso dicembre, su pressione dei sindacati, si era già svolto un incontro interlocutorio al ministero dello Sviluppo economico: ora è stato proclamato lo stato di agitazione ed è stata chiesta l’immediata attivazione del tavolo di crisi al ministero. Sono sulla barricate anche i lavoratori di un’altra azienda del settore hi-tech nel Milanese, la Engineering di Assago. I sindacati Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm hanno proclamato per il prossimo 11 marzo uno sciopero di 8 ore, in occasione della reunion annuale, «per il rinnovo del contratto integrativo che riconosca il giusto valore al lavoro dei dipendenti». Un rinnovo atteso da dieci anni, in un’azienda di servizi informatici che vanta fatturato in crescita e numeri positivi. «Dopo le ore di sciopero già fatte l’azienda non arretra di un millimetro - spiega Francesco Caruso, segretario della Uilm Milano -. È inaccettabile che una azienda come Engineering che macina utili su utili non decida di destinarne una parte ai dipendenti, aumentando invece i compensi per i dirigenti».

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